“Il professionista delegato potrà essere chiamato a rispondere in via ordinaria, per dolo o colpa grave, ai sensi dell’art. 2043 cod.civ., qualora ne sussistano i presupposti, ossia quando i suoi atti sono stati posti in essere al di fuori dello schema legale e non possano essere ricondotti in alcun modo al legittimo esercizio della delega”.
Questo è quanto affermato con la recentissima sentenza in commento dalla Corte di Cassazione, la quale ha delineato i limiti della responsabilità civile del professionista delegato in ambito giudiziale, stabilendo che quest’ultimo risponde del proprio operato solo in presenza di dolo o colpa grave. La Suprema Corte ha infatti chiarito che la responsabilità del professionista delegato si configura esclusivamente quando questi compie atti che eccedono il perimetro della delega ricevuta, risultando dunque incompatibili con il legittimo esercizio delle funzioni dello stesso.
La vicenda trae origine da una procedura esecutiva immobiliare, nella quale venivano delegate le operazioni di vendita del compendio immobiliare pignorato in favore del professionista nominato. Giunti al termine della procedura, la società creditrice, insoddisfatta dell’esito dell’esecuzione, avanzava una richiesta di risarcimento danni nei confronti del notaio delegato, contestandone la gestione dell’incarico. In particolare, parte attrice sosteneva che il delegato avesse agito in modo difforme dalle istruzioni del giudice, influenzando negativamente l’esito della vendita. Più nel dettaglio, venivano contestate al professionista sia l’inadeguatezza del prezzo di vendita del bene rispetto al valore reale, che una gestione impropria del contratto di locazione dell’immobile.
In primo e secondo grado di giudizio, sia il Tribunale che la Corte d’Appello rigettavano la richiesta di risarcimento dei danni avanzata dalla creditrice, ritenendo che il professionista delegato avesse agito nel pieno rispetto del mandato ricevuto, avendo egli svolto la propria attività nei limiti delle direttive impartite dal giudice, escludendo quindi la sussistenza di ipotesi di responsabilità civile in capo allo stesso.
Quindi, la creditrice, di diverso avviso, ricorreva in Cassazione avverso la sentenza resa in fase di gravame.
La Suprema Corte, investita del ricorso, ha dunque stabilito che il professionista non può essere ritenuto responsabile per semplici errori procedurali o formali negli atti esecutivi, salvo che tali atti non siano stati compiuti in modo manifestamente scorretto, ossia eccedendo il quadro legale al punto da non essere riconducibili al legittimo esercizio della delega.
Sempre con la sentenza in commento, è stato inoltre stabilito che al professionista delegato non è applicabile la disciplina speciale sulla responsabilità civile dei magistrati e che la stessa è limitata ai casi di dolo o colpa grave, ciò secondo quanto stabilito dall’art. 2043 c.c. Infatti, sul punto è stato chiarito che, nonostante il magistrato goda di un regime speciale di responsabilità, regolato dalla legge n. 117/1988, che limita fortemente la possibilità di richiedere un risarcimento per gli errori commessi nell’esercizio delle sue funzioni, il professionista delegato non beneficia di tali tutele. Al contrario, la responsabilità del delegato è disciplinata dall’art. 2043 c.c., che richiede, per la configurabilità di un danno rilevabile in sede civile, il compimento di atti commessi con dolo o colpa grave; in tal modo viene esclusa la responsabilità civile del professionista per atti compiuti nell’esecuzione della delega giudiziale, purché gli stessi rispettino scrupolosamente i confini e le istruzioni ricevute.
Alla luce di quanto sopra esposto emerge che, pur operando entrambi in un contesto giudiziario, il professionista delegato, non gode della stessa protezione riservata ai magistrati, ma resta soggetto alla responsabilità civile ordinaria, agendo come mero ausiliario del giudice dell’esecuzione, dal quale è guidato e diretto senza una propria autonomia decisionale.