27.08.2024 Icon

Precetto “per eccesso”: no alla revoca integrale

La prima sezione civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20238/2024 pubblicata lo scorso 22.07.2024, è tornata a occuparsi del tema degli effetti della rideterminazione del credito operata dal Giudice nel giudizio di opposizione sulla validità dell’atto di precetto opposto.

I giudici di legittimità hanno confermato il proprio consolidato orientamento, secondo il quale “in tema di opposizione a precetto, la non debenza di una parte soltanto della somma in esso portata non travolge il precetto per intero, ma ne determina l’annullamento parziale, essendo comunque valida l’intimazione per la parte dovuta e le relative spese (Cass., Sez. L, Sentenza n. 2160 del 30/01/2013; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 5515 del 29/02/2008; v. anche Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 24704 del 05/11/2020, con riferimento ad un caso di pagamento parziale sopravvenuto)”.

Nel caso di specie, la ricorrente è risultata soccombente, dapprima, nel giudizio di opposizione a precetto promosso dinanzi al Tribunale di Messina, nel quale la pretesa creditoria avanzata dalla stessa è stata rideterminata per difetto e il precetto recante l’intimazione di pagamento è stato revocato. Tale soluzione è stata confermata anche nel giudizio di appello, sul rilievo che il giudice di primo grado aveva correttamente revocato per intero il precetto, stante la non debenza degli interessi moratori, che costituivano la voce preponderante del conteggio precettato.

La creditrice ha proposto, pertanto, ricorso in Cassazione avverso la decisione di appello, deducendo – tra gli altri motivi – la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 480 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per avere la Corte d’Appello confermato la statuizione di primo grado nel giudizio di opposizione a precetto.

La Suprema Corte, con l’ordinanza in commento, ha accolto il motivo dedotto dalla ricorrente, ribadendo che “L’eccessività della somma portata nel precetto dà luogo, in sintesi, soltanto alla riduzione della somma domandata, nei limiti di quella dovuta e delle correlate spese, con la conseguenza che l’intimazione rimane valida per la somma effettivamente spettante, alla cui determinazione è chiamato a provvedere il giudice, che è investito di poteri di cognizione ordinaria, a seguito dell’opposizione in ordine alla quantità del credito (Cass., Sez. L, Sentenza n. 2160 del 30/01/2013; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 5515 del 29/02/2008; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 2938 del 11/03/1992)”, e ha cassato la sentenza impugnata, con rinvio della causa alla Corte d’Appello di Messina in diversa composizione.

In conclusione, il provvedimento in esame si pone in linea di continuità con l’orientamento ormai consolidato della Corte di legittimità, secondo il quale l’errore del creditore nella quantificazione della somma precetta non determina l’invalidità totale dell’intimazione, bensì ne comporta la sola riduzione nei limiti di quanto effettivamente dovuto. Tale soluzione è una chiara applicazione dei principi costituzionali di ragionevolezza e economia processuale in senso lato, in quanto non impone alla parte creditrice – che sia accertata tale da giudice dell’opposizione anche se per una somma minore – di riavviare l’attività di recupero con inutile dispendio di costi e risorse.  

Autore Veronica Falchi

Associate

Milano

v.falchi@lascalaw.com

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