29.07.2024 Icon

Mutuo solutorio: contratto di mutuo o operazione contabile?

Con ordinanza interlocutoria n. 18903 del 10 luglio 2024, la Seconda Sezione della Corte di Cassazione ha rimesso alla Prima Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione di diritto inerente la validità del mutuo solutorio.

In particolare, ci si chiede se l’erogazione sul conto corrente per ripianare una pregressa passività soddisfi il requisito della disponibilità giuridica della somma a favore del mutuatario e se, in caso di risposta positiva, tale tipologia di contratto di mutuo possa costituire anche titolo esecutivo.

La vicenda trae origine in seguito all’emissione di un decreto ingiuntivo che obbligava i debitori al pagamento di una somma per il saldo negativo di un conto corrente. Avverso il decreto, i debitori formulavano opposizione, affermando che la banca avesse concesso diversi mutui su conto correnti ipotecari per ripianare dei debiti esistenti, senza effettivamente erogare il denaro.

Chiamato a decidere, il Tribunale di Ferrara rigettava le doglianze proposte limitando l’efficacia del titolo esecutivo ad un importo minore.

In appello, la Corte di Bologna confermava la sentenza del Giudice di prime cure, rigettando le pretese degli appellanti, stabilendo che l’accredito delle somme sul conto corrente equivalesse alla consegna del denaro e che l’utilizzo di queste somme per estinguere mutui precedenti fosse del tutto legittimo.

Avverso tale pronuncia veniva proposto ricorso per Cassazione sulla base di nove motivi, due dei quali inerenti alla validità di tale tipologia contrattuale di erogazione della somma.

Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti hanno sostenuto che mancava la prova degli atti di disposizione del denaro e che la Banca aveva semplicemente effettuato un giroconto senza trasferire realmente le somme. Con il secondo motivo di ricorso, invece, i ricorrenti hanno sottolineato che l’estratto conto qualificava come “operazione di giro” ciò che la Corte d’Appello aveva erroneamente considerato come mutuo solutorio.

Alla luce di questi due motivi, la Seconda Sezione ha ritenuto necessario rimettere la questione alla Prima Presidente, in quanto oggetto di un contrasto giurisprudenziale fra le Sezioni Semplici, rendendosi opportuno l’intervento nomofilattico delle Sezioni Unite.

Sul punto, infatti, un primo orientamento sostiene che il mutuo solutorio, utilizzato per ripianare un debito pregresso del mutuatario, sia valido non essendo in contrasto con alcuna previsione normativa e non potendolo, altresì, considerare come un pactum de non petendo ad tempus. In altri termini, pertanto, l’accredito delle somme nel conto corrente negativo è sufficiente ad integrare il requisito della traditio del mutuo prevista ex art. 1813 c.c.

Secondo altro orientamento, invece, l’utilizzo di somme – da parte della Banca – per risanare una pregressa passività dà luogo ad una mera operazione contabile sul conto corrente, non inquadrabile nel mutuo ipotecario, il quale presuppone sempre l’avvenuta consegna del denaro dal mutuante al mutuatario. Tale tipologia di operazione, secondo la Corte, determina un pactum de non petendo ad tempus, restando modificato soltanto il termine per l’adempimento della prestazione, senza alcuna novazione dell’obbligazione originaria e rientrando nel novero delle fattispecie previste ex art. 1231 c.c.

Ne deriva, pertanto, una netta difformità di orientamenti che ha portato la Seconda Sezione della Corte di Cassazione a rimettere il ricorso alla Prima Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite. 

Autore Emanuele Mancuso

Trainee

Milano

e.mancuso@lascalaw.com

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