Nell’ipotesi in cui, in una procedura esecutiva immobiliare, l’aggiudicatario ed il creditore fondiario raggiungano un accordo che preveda l’assunzione del debito da parte del primo in luogo del debitore, il creditore privilegiato conserva comunque diritto a partecipare alla ripartizione delle somme eventualmente residue.
Questo è il principio espresso dalla Terza Sezione della Suprema Corte di Cassazione che, con l’ordinanza n. 24885 del 21 agosto 2023, ha cassato la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Torino, accogliendo il ricorso presentato dalla creditrice fondiaria.
La vicenda prende le mosse da una procedura esecutiva immobiliare nella quale erano intervenuti più creditori.
Il bene veniva aggiudicato e nell’ambito di tale sede, veniva raggiunto un accordo tra il solo creditore fondiario e l’aggiudicatario, in forza del quale quest’ultimo si sarebbe assunto il debito dell’esecutato – limitatamente al prezzo di aggiudicazione – e, al contempo, avrebbe goduto delle garanzie ad esso inerenti.
Per l’effetto, quindi, non vi era versamento del saldo prezzo, ma l’assunzione del debito da parte dell’aggiudicatario avrebbe consentito al creditore fondiario di soddisfarsi parzialmente del proprio credito, mantenendo in vita il proprio privilegio.
L’accordo veniva approvato dal Giudice dell’Esecuzione, il quale invitava il Professionista Delegato a predisporre il progetto di distribuzione sulla sola cauzione versata dall’aggiudicatario, quale somma residua nel conto corrente intestato alla procedura.
Tuttavia, nel progetto di distribuzione il creditore fondiario veniva escluso dalla ripartizione delle somme residue e, nonostante le contestazioni mosse, il progetto veniva comunque approvato.
Il creditore fondiario, quindi, proponeva opposizione ex art. 617 c.p.c., che, però, veniva respinta dal Giudice di merito che riteneva che, avendo l’opponente raggiunto un accordo con l’aggiudicatario, non avrebbe avuto alcun diritto di partecipare alla ripartizione delle somme residue che, invece, sarebbero state ripartite solo fra gli “altri creditori” della procedura.
Avverso tale decisione, il creditore fondiario proponeva ricorso in Cassazione, deducendo la violazione degli artt. 2741 c.c., 508 e 585 c.p.c., per essere stato ingiustamente escluso dalla ripartizione della somma residua.
La Terza Sezione della Corte di Cassazione, chiamata a decidere sul ricorso proposto, ha affermato che nell’espropriazione forzata di beni immobili gravati da ipoteca, l’assunzione del debito, con le garanzie ad esso inerenti, da parte dell’aggiudicatario ai sensi dell’art. 508 c.p.c. costituisce una modalità alternativa di pagamento del prezzo di aggiudicazione.
Ciò determina, da un lato, l’immediata e incondizionata liberazione del debitore nei limiti del debito assunto (ossia del prezzo di aggiudicazione) e, dall’altro, la soddisfazione – nella medesima misura – del creditore ipotecario, con conseguente suo diritto di partecipare alla distribuzione del ricavato per il credito eventualmente residuo.
In particolare, la Suprema Corte pone l’accento sulla natura dell’accordo raggiunto tra il creditore privilegiato e l’aggiudicatario, evidenziando che lo stesso non costituisce un accollo liberatorio o, quantomeno non completamente satisfattivo, dal momento che è limitato al prezzo dell’aggiudicazione.
La ratio, posta a fondamento del ragionamento della Corte, si individua nella peculiarità dell’accordo tra aggiudicatario e creditore fondiario, atteso che trattasi di un’espromissione novativa, in cui il rapporto di corrispettività discende da una esdebitazione dell’esecutato, limitatamente al prezzo di aggiudicazione, e la contestuale costituzione della nuova obbligazione dell’aggiudicatario.
Trattasi, quindi, di una mera surrogazione nel lato passivo del rapporto originario che per l’aggiudicatario comporta, da un lato, l’essere dispensato dal versare il corrispondente prezzo di aggiudicazione, dall’altro, la fruizione della medesima garanzia immobiliare a suo tempo prestata dall’esecutato (senza necessità, perciò, di ricercare altre fonti di finanziamento dell’operazione d’acquisto).
Conseguentemente, l’esdebitazione dell’esecutato è limitata al prezzo di aggiudicazione, mentre per la parte dell’eventuale credito rimanente – non soddisfatta con l’avvio dell’esecuzione immobiliare – il debitore resta in ogni caso obbligato nei confronti del creditore fondiario, il quale ben potrà esperire altre azioni (al chirografo) volte al suo recupero.
Al contempo, l’ipoteca in favore del creditore fondiario non viene cancellata con il decreto di trasferimento del bene in quanto posta a garanzia del debito assunto dall’aggiudicatario e sarà attivabile dal creditore solo nei confronti dell’aggiudicatario, laddove inadempiente.
Concludendo, quindi, la Cassazione, ha accolto il ricorso proposto dal creditore fondiario, cassando la sentenza di primo grado e accogliendo l’opposizione ex art. 617 c.p.c. promossa in sede esecutiva.