10.04.2025 Icon

Prelievi irregolari: accertamento negativo del credito e omessa domanda riconvenzionale

Con la recente sentenza n. 7725 emessa il 23 marzo 2025, la Corte di Cassazione, Terza Sezione Civile, è intervenuta allo scopo di decidere in merito alla ammissibilità della domanda avanzata in appello dalla società di vendita ed avente ad oggetto la legittimità della pretesa creditoria, già investita da una pronuncia di rigetto in primo grado in sede di giudizio di accertamento negativo del credito incardinato dall’utente ed in cui non era stata formulata dalla convenuta apposita domanda riconvenzionale. 

Nel caso di specie, l’odierno ricorrente adiva il Giudice di prime cure al fine di veder riconosciuta l’illegittimità delle fatture emesse dalla società di vendita per prelievi irregolari di energia elettrica, all’esito dell’accertamento della manomissione del contatore. 

Costituitasi in giudizio, la società di vendita non formulava alcuna domanda riconvenzionale e, soccombente in primo grado, adiva il Giudice dell’impugnazione per ottenere la riforma della sentenza gravata nonché al fine di ottenere la declaratoria di legittimità dell’avviso di pagamento e delle somme dallo stesso portate. 

La Suprema Corte veniva dunque investita della decisione pregiudiziale in merito alla legittimità della domanda formulata in appello dalla società di vendita la quale, in primo grado, si era limitata a chiedere il rigetto della pretesa avversaria senza formulare una domanda riconvenzionale tendete a costituirsi un titolo di credito.  

Secondo il ricorrente, infatti, tale circostanza si tradurrebbe nell’introduzione inammissibile in secondo grado di un giudizio di accertamento positivo del credito. 

Ebbene, di differente avviso la Corte di Cassazione che, aderendo a quanto già affermato dalla Corte d’Appello, ha ritenuto che l’appellante, “chiedendo una statuizione positiva in ordine alla legittimità del proprio avviso di pagamento (e del conseguente carattere dovuto delle somme da esso portate), abbia avanzato una domanda sostanzialmente coincidente con quella proposta in primo grado, implicando l’eventuale rigetto della domanda di accertamento negativo di un credito altresì l’accertamento della sussistenza del credito medesimo, anche sotto il profilo del giudicato che va a formarsi sul credito”. 

Tra l’altro, la censura non si appalesa adeguata a confutare adeguatamente la ratio decidente perché carente sotto il profilo dell’autosufficienza e specificità ex art. 366 n. 6 c.p.c., essendosi il ricorrente limitato a contestare che il rigetto dell’accertamento negativo comporti, per converso, un accertamento positivo del medesimo diritto. 

Le conclusioni cui perviene la Suprema Corte, invero, si appalesano corroborate dalla prova fornita dalla società di vendita nel merito della vicenda, sia per quanto concerne l’accertata manomissione del contatore che relativamente alla legittimità della ricostruzione dei consumi irregolarmente prelevati, che conducono inevitabilmente ad una declaratoria di inammissibilità del ricorso e, per l’effetto, di debenza del credito contestato. 

Autore Erica Aprile

Associate

Milano

e.aprile@lascalaw.com

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