07.11.2024 Icon

Il recupero dei crediti idrici alla luce della delibera REMSI

Nel panorama in continua evoluzione delle utilities, un ruolo peculiare assume il recupero dei crediti idrici.

La gestione del servizio, infatti, non più affidata esclusivamente alla Pubblica Amministrazione, ha generato numerose perplessità tra gli operatori di settore circa la scelta dello strumento di recupero più idoneo ed efficiente, in particolar modo alla luce della procedura prevista dalla delibera REMSI – Testo Integrato per la regolazione della morosità nel servizio idrico integrato di cui all’Allegato A alla deliberazione 311/2019/R/IDR Arera.

Il gestore – soggetto cui è affidato il Servizio Idrico Integrato (SII) ovvero ciascuno dei singoli servizi che lo compongono in virtù di qualunque forma di titolo autorizzativo – può rivestire qualunque forma giuridica in un determinato territorio, ivi inclusi i Comuni che li gestiscono in economia.

L’Arera – Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, consapevole della natura giuridica dell’acqua quale bene essenziale, ha introdotto con la delibera REMSI una disciplina specifica per il recupero del credito idrico la cui ratio risiede proprio nella tutela dell’utente finale.

In caso di morosità, prima di procedere con il recupero giudiziale del credito, il gestore è tenuto ad inviare un sollecito bonario di pagamento trascorsi almeno dieci giorni dalla scadenza della fattura insoluta, condizione preliminare e preclusiva rispetto al prosieguo delle azioni.

Solo dopo l’invio del sollecito bonario, persistendo la morosità, il gestore potrà infatti trasmettere rituale costituzione in mora all’utente finale, trascorsi almeno venticinque giorni dalla scadenza della fattura insoluta.

Espletati gli adempimenti previsti dalla delibera REMSI, sarà possibile intraprendere l’ordinario percorso per il recupero del credito che, però, si rivela evidentemente condizionato dalla natura giuridica dell’atto di costituzione in mora trasmesso dal gestore ai sensi della normativa di settore.

E, segnatamente, se la costituzione in mora possa rappresentare un atto complesso, prodromico rispetto alla procedura semplificata prevista dal Regio Decreto n. 639 del 1910 oppure se sia necessario procedere con l’ordinaria azione monitoria.

Parte della giurisprudenza di merito nega la natura esecutiva dell’atto di costituzione in mora, natura che apparterrebbe unicamente agli atti emanati dallo Stato, da alcuni Fondi ed Enti territoriali o da altri enti pubblici indicati in leggi speciali con esclusione delle società, anche quelle a partecipazione pubblica, a causa della loro natura privatistica. Queste ultime, infatti, in quanto soggetti distinti dallo Stato e dagli Enti pubblici, sarebbero prive del potere di auto accertamento dei tributi e, per l’effetto, non potrebbero giovarsi del procedimento di ingiunzione tributaria (Sent. Trib. Milano n. 6575 del 29/07/2021 – Sent. Trib. Milano n. 12235/2016).

Per altro verso, la Corte di Cassazione ritiene ormai pacifico l’orientamento secondo cui lo speciale procedimento disciplinato dal R.D. n. 639/1910 possa essere utilizzato non solo per le entrate di diritto pubblico ma anche per quelle di diritto privato, rinvenendo il proprio fondamento nel potere di autoaccertamento della P.A., con il solo limite che il credito su cui viene emesso l’ordine di pagare sia certo, liquido ed esigibile.

Nel dibattito giurisprudenziale, parrebbe profilarsi una timida apertura rispetto all’utilizzo della procedura di ingiunzione fiscale anche da parte delle società concessionarie della riscossione a capitale interamente pubblico – in house providing.

La Corte di Cassazione Civile, Sez. III, con le recentissime sentenze n. 7365/2024 e n. 29781/2023 ha statuito che le società in house providing non sono soggetti distinti dalla P.A. ma vanno parificate ad un organo di questa in quanto, pur rivestendo la forma di società privata, svolgono funzioni di rilievo pubblico, orientamento già fatto proprio dalla Corte d’Appello di Milano con la sentenza n. 2377 del 6 settembre 2024.

In ogni caso, è pacifico che il dibattito che impegna la giurisprudenza non coinvolge in alcun modo i gestori cui il MEF ha conferito l’autorizzazione alla riscossione coattiva mediante ruolo dei crediti vantati nei confronti degli utenti del SII che, infatti, potranno ricorrere alla procedura di ingiunzione fiscale di cui al R.D. n. 639/2010 dopo aver preliminarmente esperito i rimedi previsti dalla delibera REMSI.

Autore Erica Aprile

Associate

Milano

e.aprile@lascalaw.com

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