13.02.2025 Icon

Energia e gas: la conciliazione obbligatoria è a carico dell’utente finale

Con la recentissima Ordinanza n. 1498 emessa il 21 gennaio 2025, la Corte di Cassazione, Sezione III Civile, è intervenuta al fine di dirimere definitivamente il dibattito in merito all’applicabilità della mediazione obbligatoria così come introdotta dalla Riforma Cartabia nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo in materia di energia elettrica e gas.

E, segnatamente, la Suprema Corte è stata investita dell’onere di determinare se, nel settore dell’energia e del gas, debba trovare applicazione la normativa di settore di cui al Testo Integrato Conciliazione (TICO) e, per l’effetto, su quale parte del giudizio ricada l’onere di esperire la procedura di conciliazione quale condizione di procedibilità della domanda.

A seguito dell’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 149 del 10 ottobre 2022, infatti, si è rivelato tanto critico quanto inevitabile il quesito circa l’applicabilità del TICO nell’ottica del nuovo scenario imposto dalla riforma che sembrava suggerire un atteggiamento della giurisprudenza di merito più incline all’applicazione della mediazione obbligatoria ex art. 5 del D. Lgs. n. 28/2010 investendo per l’effetto il creditore opposto, attore in senso sostanziale, dell’onere di esperire preventivamente la procedura quale condizione di procedibilità della domanda.

Ebbene, la Suprema Corte con la pronuncia in commento è intervenuta affermando un principio di diritto che si appalesa granitico e definitivo: “nelle controversie aventi ad oggetto i servizi di fornitura dell’energia elettrica e del gas, soggette alla disciplina organica delle procedure di risoluzione extragiudiziale, prevista dal Testo Integrato Conciliazione (TICO), così come approvato dalla delibera n. 209/2016 dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, è il cliente o l’utente finale, ai sensi dell’art. 6, comma 1., a dover attivare la procedura di conciliazione e non già anche l’operatore o il gestore, nelle ipotesi in cui siano quest’ultimi interessati ad agire in giudizio. In caso di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, in cui il gestore figuri quale parte opposta, quest’ultimo non è tenuto ad attivare, a pena di improcedibilità del giudizio, la procedura conciliativa”.

Le III Sezione, invero, ha fondato il proprio orientamento sulla natura della questione, definitivamente affermando che in materia di energia elettrica e gas, analogamente al settore delle telecomunicazioni poiché attinenti tutte alla regolazione di servizi di pubblica utilità e di interesse economico generale, non trova applicazione l’art. 5 del D. Lgs. n. 28/2010 né la sentenza delle Sezioni Unite n. 19596 del 18 settembre 2020, sovente richiamata al fine di corroborare il principio secondo cui l’onere di promuovere la procedura di mediazione sia a carico della parte opposta.

Dovrà invece essere applicato il Testo Integrato Conciliazione così come approvato dalla delibera n. 209/2016 e, per l’effetto, l’onere di attivare il tentativo obbligatorio di conciliazione non potrà che ricadere in capo alla parte che ha l’effettivo interesse ad introdurre il giudizio di merito a cognizione piena attraverso lo strumento dell’opposizione a decreto ingiuntivo, “giudizio che il creditore opposto avrebbe viceversa inteso evitare attraverso l’utilizzo del più agile strumento del decreto ingiuntivo”.

La Suprema Corte rileva che è l’opponente la parte nel giudizio ad avere interesse ad ottenere il vaglio giudiziale circa la legittimità della pretesa creditoria. Inoltre, prosegue la Corte, “la circostanza che il decreto ingiuntivo è un provvedimento di per sé suscettibile di passare in giudicato in caso di mancata opposizione evidenzia che la parte che ha interesse ad impedire che ciò avvenga è tenuta ad attivarsi, anche promuovendo il predetto tentativo”.

Conclude la III Sezione affermando che il mancato proponimento del tentativo obbligatorio di conciliazione in materia di energia elettrica e gas dà luogo all’improcedibilità della domanda e, per l’effetto, “il giudizio eventualmente instaurato senza essersi preventivamente attivata la procedura conciliativa non può concludersi con una pronuncia in rito senza essersi da parte del giudice previamente disposta, facendo salvi gli effetti della domanda giudiziale, la sospensione del processo con fissazione di un termine per consentire alle parti di esperire il tentativo di conciliazione de quo, ai fini della successiva eventuale relativa prosecuzione”.

Autore Erica Aprile

Associate

Milano

e.aprile@lascalaw.com

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