29.08.2023 Icon

Polizza vita: sì alla rappresentazione ereditaria

Nel caso oggi affrontato Caia aveva sottoscritto in vita due polizze assicurative che nelle quali aveva indicato come beneficiari “gli eredi legittimi dell’assicurato in parti eguali”. Alla morte di Caia – nubile, senza ascendenti, discendenti o germani viventi – le nipoti si rivolgevano alla compagnia per ottenere la liquidazione della quota nelle rispettive qualità di eredi legittimi della de cuius, trattandosi tutti di parenti di terzo grado (ciascuno di essi risultava figlio di fratelli e sorelle premorti alla comune dante causa), con esclusione di una parente di quarto grado della de cuius che sarebbe subentrata per rappresentazione e non per chiamata diretta all’eredità (figlia della defunta volta nipote “ex sorore” della zia).

La società, invece, nel disporre la liquidazione includeva anche l’erede per rappresentazione nelle quote della divisione.

Le eredi, pertanto, adivano l’autorità giudiziaria al fine di ottenere che la ripartizione degli indennizzi fosse effettuata solo a favore unicamente degli eredi per chiamata diretta, cioè dei setti nipoti di Caia, con esclusione della pronipote, erede per rappresentazione.

Nella fattispecie le attrici sostenevano che, in caso di assicurazioni sulla vita stipulate a beneficio degli “eredi legittimi dell’assicurato in parti uguali”, il beneficiario acquista contrattualmente e direttamente un diritto proprio alla corresponsione del dovuto, con esclusione, dunque, della natura ereditaria del diritto di credito. In base a tale assunto, per l’individuazione dei beneficiari non sarebbe possibile tenersi conto di un istituto di “diritto singolare” qual è quello della rappresentazione ex art. 467 c.c., posto che per “eredi legittimi” devono intendersi solamente quelli individuabili ex lege e direttamente sulla base di quanto previsto dall’art. 565 c.c., che usa il termine “nell’ordine”, così enunciando un canone generale in forza del quale “il parente più prossimo esclude il più remoto”.

I giudici di prime e seconde cure rigettavano le domande promosse dalle attrici, le quali proponevano ricorso per Cassazione.

La Suprema Corte, con la recente ordinanza n. 24951 del 21 agosto 2023, sulla scorta dell’insegnamento delle Sezioni Unite, ha ribadito che in materia assicurativa la generica individuazione quali beneficiari degli eredi (legittimi e/o testamentari) ne comporta l’identificazione soggettiva con coloro che, al momento della morte dello stipulante, rivestano tale qualità in forza del titolo della astratta delazione ereditaria prescelto dal contraente, e ciò in quanto il termine “eredi” viene attribuito dalla designazione allo scopo di fornire all’assicuratore un criterio univoco di individuazione del creditore della prestazione, e perciò prescinde dall’effettiva vocazione. Pertanto, a prescindere dal titolo della chiamata all’eredità – “diretta” ovvero “per rappresentazione” – è la qualità di erede “legittimo”, senza ulteriori specificazioni, ciò che consente di fruire del beneficio contrattualmente previsto.

Viene dunque affermato il principio di diritto secondo cui “nel contratto di assicurazione sulla vita la designazione generica degli “eredi legittimi” come beneficiari comporta l’inclusione, tra i medesimi, pure degli eredi per rappresentazione ed ha, inoltre, come effetto che, a ciascuno di essi, spettino gli interessi corrispettivi sin dalla morte del de cuius“.

Autore Pasquale Parisi

Associate

Milano

p.parisi@lascalaw.com

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