Nel caso in esame Tizio, titolare di un distributore di benzina, ha agito nei confronti di Alfa, società a cui aveva commissionato il servizio ispettivo di videosorveglianza, in quanto l’anno successivo alla sottoscrizione del contratto aveva subito un furto da parte di ignoti che avevano forzato la colonnina del self service, sottraendo l’intero incasso senza che alcun segnale di allarme si fosse attivato.
A distanza di poco tempo avveniva un secondo episodio, in cui Tizio, benché avesse ricevuto regolare comunicazione di attivazione del segnale di allarme e, dopo essere stato contattato dall’istituto di sorveglianza, era stato rassicurato circa il fatto che, dopo un sopralluogo di una guardia giurata, non erano state rilevate anomalie. Tuttavia, il giorno seguente, il gestore della pompa di benzina si avvedeva che in verità il furto era stato commesso.
Tali episodi inducevano Tizio a richiedere la risoluzione del contratto per inadempimento della società.
I giudici di prime cure accoglievano la domanda, che in sede di appello la decisione veniva ribaltata sul presupposto che la società avesse assolto gli obblighi contrattuali.
Tizio dunque proponeva ricorso per Cassazione, che veniva assegnato alla terza sezione.
Nella fattispecie il ricorrente ha fondato le proprie doglianze di legittimità sul fatto che la Corte d’appello abbia forzato le prove emerse nel corso del giudizio, dando rilievo ad alcune circostanze documentali senza valutare complessivamente tutto il materiale probatorio.
La Suprema Corte, con ordinanza n. 4163 del 15 febbraio 2024, ha rigettato il ricorso di Tizo, evidenziando come l’obbligazione assunta dall’istituto di vigilanza non può ritenersi di risultato, non potendo l’istituto assumere l’obbligo di impedire in modo assoluto che il proprio cliente subisca un furto, ma deve essere considerata obbligazione di mezzi, dovendo l’istituto predisporre le tutele convenute per garantire la sicurezza dei luoghi.
Più precisamente, con riferimento al secondo episodio di furto, era emerso che al momento del sopralluogo la guardia giurata incaricata non aveva riscontrato alcuna anomalia: l’orario indicato nel video prodotto in giudizio, infatti, attestava che il furto non si era verificato in concomitanza con la ricezione del segnale d’allarme, ma in un momento temporalmente successivo.
La Cassazione ha dunque concluso affermando che “in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale deve provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, allegando la circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre al debitore convenuto spetta la prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento“.