04.02.2022 Icon

Quanta fretta, ma dove corri…

Con una recente ordinanza la Corte di Cassazione ha rimesso in discussione la sanzione amministrativa erogata ad un automobilista stabilendo che i chilometri orari segnalati dal tachimetro dell’auto dei Carabinieri lanciata all’inseguimento del novello Lewis Hamilton non sono indicatore sufficiente per ritenere che questi sia colpevole di aver violato il limite di velocità.

La questione origina da un episodio chiaro e non contestato: uno spericolato automobilista supera abbondantemente il limite di velocità previsto sul tratto di strada percorso con conseguente indiscutibilità per i giudici di merito della palese colpevolezza del conducente. E’ pertanto provato, viene chiarito in Tribunale, il superamento dei limiti di velocità da parte dell’automobilista, anche alla luce dell’apprezzamento compiuto dall’agente accertatore e attribuendo piena fede al verbale anche per questo aspetto.

Secondo il Giudice di secondo grado, dunque, non crea nessun problema, dal punto di vista probatorio, che la velocità di 160 chilometri orari contestata al guidatore sia stata calcolata sulla base del tachimetro NON della vettura sanzionata, ma dell’auto dei Carabinieri postasi al suo inseguimento; in sostanza, si è ritenuta provata l’eccessiva velocità sulla base del verbale che accerta che l’auto dell’Arma ha raggiunto tale velocità.

Ma la Cassazione è di tutt’altro avviso ritenendo che non risulta alcuna altra circostanza da cui sia possibile desumere incontrovertibilmente che anche il veicolo inseguito e poi raggiunto dalla vettura dei Carabinieri andasse alla medesima eccessiva velocità della vettura dell’Arma. Di conseguenza, mancano i presupposti, a parere dei Giudici di terzo grado, per sancire la corretta motivazione del verbale in ordine all’accertamento della velocità non adeguata tenuta dalla vettura del privato cittadino.

Per dissipare ogni dubbio i Giudici ricordano che “nel giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione irrogativa di sanzione amministrativa» il verbale di accertamento dell’infrazione «fa piena prova, fino a querela di falso, con riguardo ai fatti attestati dal pubblico ufficiale rogante come avvenuti in sua presenza e conosciuti senza alcun margine di apprezzamento o da lui compiuti, nonché riguardo alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni delle parti», mentre non possono avere la medesima fede privilegiata gli “apprezzamenti e le valutazioni del verbalizzante né i fatti di cui i pubblici ufficiali hanno avuto notizia da altre persone, ovvero ai fatti della cui verità si siano convinti in virtù di presunzioni o di personali considerazioni logiche”.

Ragionando in questa ottica, continua la Suprema Corte, ciò che è possibile documentare, senza timore di smentita, è esclusivamente il fatto che la vettura dei Carabinieri procedesse ad una velocità di 160 chilometri orari nell’atto inseguire l’indisciplinato automobilista, ma ciò non è sufficiente a desumere con altrettanta certezza che l’auto del privato cittadino andasse alla medesima velocità e quindi ben sopra al limite massimo consentito su quel tratto di strada. Da qui il precipitato applicativo della necessaria rimessione in discussione della sanzione erogata all’automobilista con espressa indicazione al Tribunale di procedere all’approfondimento della vicenda al preciso scopo di valutare l’esistenza e la portata di ulteriori elementi probatori in merito alla, per il momento solo presunta, pericolosità della condotta di guida dell’automobilista.

Insomma che qui ci sia qualcuno con il piede un po’ pesante è fuori discussione, ma ognuno risponde solo del proprio tachimetro!

Cass., Sez.VI-2, Ord., 14 gennaio 2022, n. 1106

Simona Longoni – s.longoni@lascalaw.com

© RIPRODUZIONE RISERVATA