Forse non tutti ricorderanno l’escamotage con il quale le compagnie telefoniche emettevano le loro fatture ogni ventotto giorni anziché ogni mese.
Un vecchio trucco che, confidando nella disattenzione degli utenti, comportava il pagamento, da parte di quest’ultimi, di quasi una mensilità in più all’anno.
Ebbene, la pratica, mai digerita dalle associazioni dei consumatori, e già considerata dai Giudici di merito scorretta e ingannevole, è stata giudicata definitivamente illecita anche dalla Cassazione, in quanto contraria agli usi di settore.
Nel caso in esame era accaduto che un’associazione dei consumatori convenisse in un giudizio dapprima cautelare e, successivamente, di merito, una compagnia telefonica, al fine di ottenere l’inibitoria dall’utilizzo e dall’applicazione delle clausole volte a stabilire la cadenza periodica, per i pagamenti da parte dell’utenza, di quattro settimane anziché mensile nonché di ottenere una declaratoria di illiceità della partica ritenuta lesiva del diritto degli utenti.
Una tesi già condivisa dal Tribunale e dalla Corte d’Appello, che è stata altresì avvalorata dalla Suprema Corte, adita dalla compagnia telefonica che aveva proposto ricorso ritenendo che i Giudici di merito avessero erroneamente giudicato il caso.
Più in particolare, la compagnia aveva impugnato la sentenza della Corte d’Appello nella parte in cui aveva ritenuto illegittime le clausole contemplanti un periodo di fatturazione di ventotto giorni sino al 23 giugno 2017, ovvero nel periodo antecedente al D.L. n. 148/2017, che aveva imposto la fatturazione con cadenza mensile, nonchè dell’intervento dell’AGCOM sul tema, che aveva imposto ai somministranti di settore, per i servizi di telefonia fissa, il rimborso correlato alla nuova cadenza di fatturazione.
Convalidando le tesi dei Giudici di merito, la Cassazione ha invece affermato, inequivocabilmente, che la fatturazione ogni ventotto giorni costituisce una pratica ingannevole per l’utente medio che, legittimamente, confida nella fatturazione mensile tipica del settore.
Il tutto senza dimenticare che, nelle more del giudizio, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza 8 giugno 20243, causa C-468/2020, ha affermato che le autorità nazionali regolatorie (tra cui l’AGCOM) hanno il potere di disciplinare la cadenza di rinnovo delle offerte commerciali e quelle di fatturazione dei servizi di telefonia, al fine di conseguire gli obiettivi assegnati dalla direttiva quadro di settore.
Invero, pur spettando al giudice nazionale competente stabilire se ed in quali limiti le autorità regolatorie possano disporre del predetto potere, “la fissazione di una cadenza uniforme consente agli utenti finali di comparare le diverse offerte commerciali e di avere piena conoscenza degli oneri finanziari derivanti dai contratti loro proposti, di evitare di creare la parvenza di prezzi meno elevati derivante da un calcolo effettuato sulla base di un dato temporale inferiore a quello consolidato nella prassi”.
In conclusione, secondo la Cassazione, la fatturazione ogni ventotto giorni costituisce una violazione dell’art. 1562 comma II c.c.
A nulla rileva il fatto che la norma che disciplina la cadenza mensile della fatturazione sia sopravvenuta nel 2017, potendosi ragionevolmente ritenere che la stessa non abbia avuto una portata innovativa ed essendosi la stessa limitata ad assorbire un uso ben consolidato e conosciuto dall’utente medio e, per questo, degno di tutela.