13.06.2023 Icon

Cancellazione della società e sorte del preliminare di vendita

Cosa accade se, a seguito della stipulazione di un contratto preliminare, la società venditrice viene cancellata? È possibile rivolgere la domanda di esecuzione in forma specifica del contratto ai soci?

Ebbene sì.

Ad affermarlo è stata la Cassazione, in una recentissima ordinanza depositata il 6 giugno scorso.

Il caso ha preso le mosse dalla domanda di esecuzione in forma specifica proposta dal promissario acquirente di un immobile nei confronti della società promittente venditrice.

Quest’ultima, nelle more del giudizio, dapprima aveva venduto l’immobile a terzi e, successivamente, aveva provveduto alla cancellazione dal registro delle imprese.

Tale ultimo evento, in particolare, aveva determinato l’interruzione del processo e la riassunzione dello stesso nei confronti dei soci che, convenuti in giudizio, avevano eccepito la propria carenza di legittimazione passiva.

Investito della questione, il Tribunale di primo grado aveva riconosciuto la legittimazione processuale degli ex soci ma respinto la domanda dell’attore a fronte della vendita dell’immobile a terzi che, di fatto, aveva reso impossibile il trasferimento. Ciò anche in considerazione dell’asserita mancata trascrizione della domanda giudiziale.

Ad avviso della Corte d’Appello competente, invece, la domanda del promissario acquirente non poteva essere accolta stante la carenza di legittimazione passiva sostanziale degli ex soci di una società cancellata.

Una tesi che la Cassazione non ha ritenuto condivisibile.

Secondo la Suprema Corte, in tema di azione ex art. 2932 c.c., volta all’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto traslativo della proprietà, il diritto controverso non si identifica con la proprietà del bene oggetto della promessa, bensì con l’obbligazione personale di attuare il trasferimento.

L’oggetto della domanda giudiziale diretta all’esecuzione coattiva del contratto preliminare di compravendita non è dunque costituito dal bene o dai beni compromessi in vendita, bensì da quella particolare obbligazione di facere consistente nel trasferimento dei beni o dei diritti che avrebbero dovuto essere trasferiti con il contratto definitivo non concluso.

Da tale premessa deriva un’importantissima conseguenza.

Mentre, infatti, per quanto concerne le obbligazioni di dare, i soci di una società cancellata rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, per quanto concerne le obbligazioni di facere, ai fini della successione dei soci nella posizione della società, non è necessario l’ulteriore requisito consistente nella percezione di una quota dell’attivo, potendo sussistere beni e diritti che, sebbene non ricompresi nel bilancio finale di liquidazione della società estinta, si sono trasferiti ai soci.

L’estinzione della società derivante dalla sua volontaria cancellazione dal registro delle imprese non determina, infatti, l’estinzione degli obblighi di facere ancora insoddisfatti che ad essa facevano capo.

Diversamente – evidenzia la Suprema Corte – si riconoscerebbe al debitore il potere di disporre unilateralmente di un diritto altrui, con conseguente ingiustificato sacrificio dei creditori.

Alla stregua delle argomentazioni che precedono la Cassazione ha dunque accolto il ricorso del promissario acquirente e rinviato la causa alla Corte territoriale competente invitandola ad attenersi al seguente principio di diritto “a fronte della cancellazione volontaria in corso di causa della società convenuta in giudizio quale promittente alienante per l’esecuzione in forma specifica del contratto preliminare di vendita immobiliare da essa concluso, i soci verso cui tale giudizio sia riassunto succedono nell’obbligo di stipulazione del definitivo e sono potenziali destinatari degli effetti della corrispondente sentenza costitutiva, anche se di tale obbligo di facere non si sia fatta menzione nel bilancio finale di liquidazione”.

Autore Federica Vitucci

Associate

Milano

f.vitucci@lascalaw.com

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