
Multato l’automobilista che, in barba alla precedente sospensione della patente, si mette alla guida per accompagnare al pronto soccorso la fidanzata che accusa forti dolori.
Le sue “buone intenzioni” però non bastano e scatta il verbale con annessa sanzione perché l’apprensione per il presunto malore della fidanzata non può giustificare la sua condotta illecita.
Sfornita di prova, secondo i giudici, l’obiezione difensiva secondo cui l’uomo si sarebbe posto alla guida dell’autoveicolo “per lo stato di necessità di soccorrere la propria compagna”.
Col ricorso in Cassazione l’avvocato che rappresenta l’automobilista sostiene nuovamente l’errore in buonafede del proprio cliente.
Il legale lamenta l’erronea interpretazione delle disposizioni in materia di scriminante dello stato di necessità, poiché, spiega, è stata negata «qualsiasi efficacia alla pur erronea ma incolpevole convinzione del conducente di trovarsi in una situazione di pericolo per la salute della propria fidanzata, che accusava fortissimi dolori lombari, e quindi di doverla condurre immediatamente al locale Pronto Soccorso».
Questa obiezione non convince però la cassazione che conferma la pronuncia del Tribunale e sancisce, in via definitiva, la legittimità del verbale redatto dalla Polizia Stradale.
I magistrati respingono la giustificazione addotta dall’automobilista.
In sostanza, «il mettersi alla guida del veicolo per soccorrere la fidanzata colta da malore» non consente di riconoscere «l’esimente dello stato di necessità», anche perché «tale versione del fatto contrasta con quanto risulta dal verbale, ove si dava atto che il trasgressore aveva dichiarato di essersi posto alla guida per spostare la macchina ed accompagnare la ragazza a casa», senza, quindi, alcun riferimento all’asserito malore della compagna.
Per fare chiarezza, comunque, i Giudici di Cassazione precisano che «per la scriminante dello stato di necessità è indispensabile che ricorra un’effettiva situazione di pericolo imminente di danno grave alla persona, non altrimenti evitabile, ovvero – quando si invochi detta esimente in senso putativo – l’erronea persuasione di trovarsi in tale situazione, provocata non da un mero stato d’animo, ma da circostanze concrete ed oggettive».