La sentenza della Cassazione civile n. 23320 del 29 agosto 2024 affronta il delicato tema della dichiarazione di adottabilità di un minore, ribadendo e precisando alcuni importanti principi in materia.
Il caso riguarda il ricorso presentato dalla nonna materna di un minore contro la sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato la dichiarazione di adottabilità del bambino, escludendo che la nonna potesse svolgere una funzione vicariante rispetto ai genitori ritenuti inadeguati.
La Corte di Cassazione accoglie il ricorso, rilevando diverse carenze nella valutazione effettuata dai giudici di merito.
In particolare, viene censurato il fatto che il giudizio sull’inidoneità della nonna a prendersi cura del minore si sia basato su relazioni dei servizi sociali contenenti valutazioni generiche e non sufficientemente circostanziate, nonché su una consulenza tecnica d’ufficio che non aveva previsto incontri tra la nonna e il bambino.
La sentenza ribadisce alcuni principi fondamentali.
Innanzitutto, la dichiarazione di adottabilità costituisce una misura estrema, che richiede l’accertamento di fatti gravi indicativi in modo certo dello stato di abbandono morale e materiale del minore.
Tale accertamento deve essere effettuato in concreto e nell’attualità, considerando non solo i genitori ma anche i parenti entro il quarto grado disponibili a prendersi cura del minore.
Va valutata la possibilità di recupero delle capacità genitoriali o di affidamento a parenti, anche con l’ausilio di interventi di supporto, prima di procedere all’adozione.
Occorre considerare se l’interesse del minore possa essere tutelato attraverso forme di affidamento extrafamiliare o di “adozione mite” ex art. 44 l. n. 184/1983.
Infine, anche in caso di dichiarazione di adottabilità, va valutata la possibilità di mantenere rapporti tra il minore e alcuni componenti della famiglia d’origine, se ciò corrisponde al suo interesse.
La Cassazione richiama inoltre la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 183/2023, che ha fornito un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 27 comma 3 l. n. 184/1983, chiarendo che la cessazione dei rapporti giuridici con la famiglia d’origine non implica necessariamente l’interruzione di ogni relazione sociale e affettiva.
In conclusione, la sentenza sottolinea la necessità di un accertamento rigoroso, concreto e attuale della situazione del minore e delle capacità della famiglia d’origine, anche allargata, prima di procedere alla dichiarazione di adottabilità. Viene ribadita l’importanza di considerare tutte le possibili alternative che consentano di preservare i legami familiari, pur garantendo la tutela del superiore interesse del minore.
La decisione si inserisce nel solco di un orientamento giurisprudenziale volto a bilanciare l’esigenza di protezione del minore con il diritto dello stesso a crescere nella propria famiglia d’origine, richiedendo valutazioni approfondite e non apodittiche prima di recidere definitivamente i legami familiari.
Appare apprezzabile lo sforzo della Corte di fornire indicazioni operative precise ai giudici di merito, al fine di garantire un esame completo e attuale della situazione del minore e delle risorse familiari disponibili.