Il notaio non risarcisce i danni derivanti dalla tardiva annotazione del fondo patrimoniale, a margine dell’atto di matrimonio, da parte del Comune.
Lo ha precisato la Cassazione in una recentissima ordinanza pubblicata il 1° settembre scorso.
Nel caso esaminato era accaduto che l’Erario avesse aggredito un bene che due coniugi avevano conferito in un fondo patrimoniale.
Nonostante il vincolo, l’esecuzione era stata possibile a causa di un ritardo dell’amministrazione comunale, che ricevuto l’atto da parte del notaio, lo aveva annotato diversi anni dopo.
Tale circostanza aveva impedito ai due coniugi di poter opporre all’Erario la destinazione del bene nel fondo.
Ritenendo responsabile della perdita del bene il notaio, i due coniugi avevano dunque convenuto in giudizio il professionista domandandogli il risarcimento dei danni subiti.
Ebbene, accogliendo le motivazioni degli attori, il Tribunale prima e la Corte d’appello successivamente, avevano condannato il professionista.
Ribaltando totalmente le due decisioni, la Suprema Corte ha invece accolto il ricorso del notaio e cassato la domanda dei due coniugi.
Secondo la Cassazione la decisione dei giudici di merito sarebbe smentita sia dal tenore dell’art. 34 bis delle disp. att. al cod. civ., sia dalla natura dell’obbligazione del notaio.
Quanto alla norma richiamata, infatti, la stessa prevede che il notaio, entro trenta giorni, richieda l’annotazione dell’atto di costituzione del fondo al Comune. Alcuna disposizione pone un onere di controllo circa l’operato del Comune in capo al professionista.
In secondo luogo, l’obbligazione del notaio, che è un’obbligazione di mezzi, non si spinge al punto di prevedere che quest’ultimo induca la pubblica amministrazione ad adottare un atto del suo ufficio.
Un’interpretazione diversa sarebbe eccessiva posto che il notaio non può sostituirsi alla pubblica amministrazione nel compimento di un atto, né può sopperire all’inerzia di un ufficio comunale.
A tutto ciò si aggiunga che i coniugi avrebbero dovuto dimostrare che il debito era stato contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia; prova che, nella vicenda esaminata, non era stata offerta.