03.02.2023 Icon

Spese pazze e assegno divorzile

Non ci sta il marito a versare un assegno divorzile alla moglie che invece di dedicare il proprio tempo nella ricerca di un’attività lavorativa si dedica allo shopping e all’intensa e costante attività sportiva di body building. 

Il Tribunale di Velletri, pronunciando la cessazione degli effetti civili del matrimonio, poneva a carico del marito l’obbligo di versare alla ex moglie un assegno divorzile di euro 100,00. Il marito proponeva appello chiedendo la revoca dell’assegno divorzile argomentando che la moglie disponeva di redditi provati dalle risultanze dei conti correnti e dalle spese, anche voluttuarie, sostenute nonché dalla capacità lavorativa dimostrata dal fatto che ella aveva letteralmente trasformato il proprio fisico dedicandosi ad una intensa e costante attività di body building.

La Corte d’Appello di Roma accoglieva le doglianze del marito e revocava l’assegno divorzile. Avverso la pronuncia della Corte d’Appello proponeva ricorso per cassazione la moglie ritenendo che il giudizio sulla sua indipendenza economica fosse frutto di una errata lettura delle risultanze del conto corrente e che il Tribunale non aveva tenuto conto del contributo dato dalla ex moglie alla vita familiare e della situazione reddituale dell’ex marito.

La Corte di legittimità ricorda innanzitutto il principio enunciato dalla stessa Corte a Sezioni Unite  n. 18287/2018, a mente del quale “ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, dopo le modifiche introdotte con la L. n. 74 del 1987, il riconoscimento dell’assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi o comunque dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l’applicazione dei criteri di cui alla prima parte della norma i quali costituiscono il parametro di cui si deve tenere conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all’età dell’avente diritto”.

La Corte di Cassazione continua poi precisando che la natura perequativo-compensativa dell’assegno divorzile conduce, quindi, al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente, non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate. 

Va poi ricordato che la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endo coniugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi. 

Dunque, tenuto conto del parametro composito – assistenziale e perequativo compensativo – occorre verificare, in primo luogo, se il divorzio abbia prodotto, alla luce dell’esame comparativo delle condizioni economico patrimoniali delle parti, uno squilibrio effettivo e di non modesta entità. Solo ove tale disparità sia accertata, è necessario verificare se sia casualmente riconducibile in via esclusiva o prevalente alle scelte comuni di conduzione della vita familiare, alla definizione dei ruoli dei componenti la coppia coniugata, al sacrificio delle aspettative lavorative e professionali di uno dei coniugi.

Nel caso di specie è stato provato che al momento della dissoluzione del matrimonio, la moglie aveva la capacità di dedicarsi all’attività lavorativa e che la stessa, come si evince dalle risultanze del suo conto corrente e dalle spese sostenute anche voluttuarie, disponesse di redditi idonei a renderla economicamente autonoma ed in grado di sostenere i costi dell’abitazione presa in locazione.

La Corte di Cassazione conferma dunque la decisione della Corte d’Appello che aveva disposto la revoca dell’assegno divorzile. 

Autore Ilaria Franciosa

Associate

Milano

i.franciosa@lascalaw.com

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