05.12.2023 Icon

Quando può essere omesso l’ascolto del minore?

A fronte di una adeguata motivazione, l’ascolto del minore può essere omesso se contrario al suo interesse.

È questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione con la recente ordinanza n. 32290 del 21 novembre 2023.

Nel caso in esame un padre aveva chiesto la modifica del provvedimento di affidamento delle proprie figlie gemelle, chiedendone l’affidamento esclusivo. Il Tribunale respingeva la richiesta e seguiva l’appello del padre.

La Corte d’Appello, nominata la curatrice speciale delle minori, non accoglieva la richiesta del padre modificando solo in parte le modalità di incontro tra padre e figlie, respingendo altresì la richiesta di audizione delle minori rilevando come le bambine non avevano la maturità necessaria per esprimersi davanti all’autorità giudiziaria.    

Avverso il predetto decreto proponeva ricorso il padre delle minori, dolendosi, tra le altre cose, della mancata audizione delle figlie.

Con specifico riferimento al mancato ascolto delle minori, la Corte di Cassazione ha avuto modo di chiarire quanto segue.

L’ascolto del minore è previsto dall’art. 315 bis c.c. non come un atto istruttorio, ma come un diritto, esercitato dal minore capace di discernimento, di esprimere liberamente la propria opinione in merito a tutte le questioni e procedure che lo riguardano, vale a dire sulle questioni che hanno incidenza sulla sua vita e sulla relazione familiare.

Si tratta di un diritto personalissimo, proprio della persona minore di età, attraverso il quale è assicurata, a prescindere dall’acquisto della capacità di agire, la libertà di autodeterminarsi, di esprimere la propria opinione e di partecipare in prima persona, e non solo tramite rappresentante, al processo; costituisce al tempo stesso primario elemento di valutazione del miglior interesse del minore.

Il suo riconoscimento nell’ordinamento interno è frutto del progressivo adeguamento alle Convenzioni internazionali a tutela dei diritti del fanciullo (Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989 ratificata dall’Italia con la L. 27 maggio 1991, n. 176; Convenzione Europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli, adottata dal Consiglio d’Europa a Strasburgo in data 25 gennaio 1996 e ratificata dall’Italia con la L. 20 marzo 2003, n. 77) i cui contenuti sono stati ripresi anche dall’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali della Unione Europea.

La Corte precisa poi che è all’acquisto della capacità di discernimento che la Convenzione di New York riconnette il diritto di ascolto, senza fissare alcuna età minima. Più esplicitamente, la Convenzione di Strasburgo rimette al diritto interno di individuare quando il minore è da considerare in età di discernimento.

Il legislatore italiano, nel dare attuazione alle suddette Convenzioni, ha operato una semplificazione, ritenendo sussistente la capacità di discernimento ove il minore abbia compiuto i dodici anni, fissando così una presunzione che rende doveroso l’ascolto, salvo che ricorrano i casi previsti dalla legge di cui dare conto in motivazione (ascolto superfluo, pregiudizio per il minore); mentre, con riferimento ai bambini di età inferiore, l’ascolto è dovuto solo nel caso in cui il minore, in concreto, risulti capace di discernimento, inteso nel senso di cui sopra si è detto.

Non sussiste dunque, un obbligo generalizzato ed officioso di ascolto dei minori di età inferiore ai dodici anni poiché il diritto alla partecipazione alle decisioni deve essere esercitato in modo consapevole ed effettivo.

Ciò chiarito, la Corte di legittimità ha pertanto dato atto che la Corte d’appello aveva ampiamente spiegato le ragioni per le quali ha ritenuto di non ascoltare le due minori, di età inferiore a quella presuntiva del discernimento, e in particolare ha rimarcato che le minori erano già state ascoltate, fuori dalle aule di giustizia, da una psicologa e che in base a quanto emergeva dagli atti si riteneva che non fossero in grado di esprimere in maniera libera e autonoma le loro opinioni in sede giudiziaria.

Peraltro, come da giurisprudenza costante il giudice può, in ogni caso, omettere l’ascolto del minore qualora lo ritenga contrario al suo interesse dandone adeguata motivazione. Nel caso in esame, il giudice aveva ampiamente motivato le ragioni per cui ha ritenuto che fosse un mezzo migliore per recepire le istanze e le esigenze delle minori quello dell’ascolto indiretto tramite cioè la psicologa dei servizi sociali.

Autore Ilaria Franciosa

Associate

Milano

i.franciosa@lascalaw.com

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