23.04.2024 Icon

Infedeltà: sì al risarcimento se viene lesa la salute

La moglie, dopo aver ottenuto l’annullamento del matrimonio, chiede il risarcimento dei “danni da tradimento” all’ex coniuge, costituti dalle spese per il ricevimento nuziale, nella misura del 50%, e dai costi sostenuti per i giudizi ecclesiastici e per quello di delibazione, oltre il danno morale.

Mentre il tribunale accoglie la domanda, la Corte d’Appello nega invece il risarcimento posto che, nel caso di specie, “l’appellante non potesse essere considerato in malafede, dato che questi, non avendo al momento del matrimonio alcuna altra relazione stabile in essere, non aveva tenuto alcuna condotta contraria ai doveri di correttezza, essendo invece nota ai nubendi, per essersi già più volte verificata, la possibilità di violazione del dovere di fedeltà da parte di entrambi; doveva perciò essere esclusa anche la buona fede dell’appellata, la quale era consapevole dell’atteggiamento, verificato come più volte fedifrago, del compagno e di Lei medesima”.

La donna non si arrende e il caso arriva in Cassazione.

La suprema Corte rigetta il ricorso in quanto “la violazione del dovere di fedeltà è sanzionabile civilmente se e nella misura in cui, per le modalità dei fatti, uno dei coniugi ne riporti un danno alla propria dignità personale o eventualmente un pregiudizio alla salute. Sul punto il mezzo in esame non si confronta in alcun modo con la motivazione offerta dal collegio d’appello e risulta così inammissibile, tenuto conto che il ricorso per cassazione deve necessariamente contestare in maniera specifica la ratio decidendi posta a fondamento della pronuncia impugnata».

La Cassazione esclude quindi che i comportamenti del marito fossero stati caratterizzati da modalità particolarmente offensive del decoro, della dignità personale e della salute del coniuge.

Autore Valeria Bano

Senior Associate

Milano

v.bano@lascalaw.com

Desideri approfondire il tema Persone e Famiglia ?

Contattaci subito