06.09.2022 Icon

Infedeltà reiterata e addebito della separazione

L’accettazione da parte di un coniuge di comportamenti lesivi del dovere di fedeltà, tenuti dall’altro coniuge alcuni anni prima della proposizione della domanda di separazione, non esclude la possibilità di far valere, quale causa di addebito, analoghi comportamenti tenuti successivamente. 

È questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione con una recente ordinanza.

Nel caso in esame, il Tribunale di Firenze, dopo aver pronunciato la separazione personale dei coniugi, dichiarava inammissibile la domanda di addebito proposta dal marito.  

La Corte d’Appello di Firenze, successivamente, dichiarava ammissibile la domanda, ma la rigettava posto che non era stato provato il nesso di causalità tra la violazione del dovere di fedeltà e il fallimento dell’unione, rilevando che l’accettazione da parte del marito, dei comportamenti tenuti dalla moglie in contrasto con il predetto dovere consentiva di escludere che egli li avesse ritenuti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, impedendo dunque di individuare la causa di tale intollerabilità in analoghi comportamenti successivi. A fronte del rigetto della propria domanda, il marito ricorreva pertanto per cassazione. 

Chiamata a pronunciarsi sul punto, la Suprema Corte ha affermato la non condivisibilità delle statuizioni della Corte d’Appello. 

In tema di separazione personale dei coniugi, la giurisprudenza è pacifica nel ritenere che la dichiarazione di addebito implica la prova che l’irreversibile crisi coniugale sia ricollegabile esclusivamente al comportamento di uno o di entrambi i coniugi, consapevolmente e volontariamente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio, ovverosia che sussista un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati e il determinarsi dell’intollerabilità dell’ulteriore convivenza. 

Tale principio è stato ritenuto applicabile anche all’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale, la quale, costituendo una violazione particolarmente grave, normalmente idonea a rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, è stata ritenuta di regola sufficiente a giustificare l’addebito, a meno che si accerti che l’infedeltà non ha costituito la causa della crisi coniugale, essendosi manifestata in un contesto di rapporti già irrimediabilmente deteriorati. 

Nel caso in esame, a sostegno della domanda di addebito il marito ha allegato e chiesto di essere ammesso a provare che la prima relazione extraconiugale era stata seguita da altre, intraprese successivamente alla cessazione della prima e fino all’instaurazione del giudizio di separazione, lasciando chiaramente intendere che la tolleranza da lui inizialmente manifestata nei confronti della condotta del coniuge era venuta meno, a causa della reiterata violazione del dovere di fedeltà da parte della moglie che aveva determinato il fallimento dell’unione. 

A fronte di tali allegazioni, l’iniziale atteggiamento di tolleranza del ricorrente non poteva essere considerato sufficiente a giustificare il rigetto della domanda di addebito della separazione, essendo invece necessario prendere in esame la successiva evoluzione del rapporto coniugale. 

Autore Ilaria Franciosa

Associate

Milano

i.franciosa@lascalaw.com

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