05.03.2024 Icon

Diritto al mantenimento e colpa del richiedente

Una donna laureata, con figli maggiorenni, che decide di conservare un posto di lavoro part-time con conseguente stipendio ridotto, in sede di separazione, ha diritto a percepire l’assegno al mantenimento?

Il diritto al mantenimento sussiste solo se la condizione del richiedente non sia ascrivibile a sua colpa e dunque si sia adoperato per migliorare la propria situazione professionale ed economica.

È questa la risposta data dalla Corte di Cassazione con la recente Ordinanza del 29.02.2024, n. 5242.

Il Tribunale di Padova dichiarava la separazione dei coniugi, non riconoscendo alcun assegno di mantenimento per la donna nonostante la richiesta.

La Corte d’Appello confermava la decisione del Tribunale in considerazione del fatto che la donna, stante l’età dei figli, avrebbe avuto la possibilità di incrementare con orario pieno il proprio stipendio e di poter cogliere occasioni di avanzamento/conversione professionale destinate a migliorare il suo reddito, mettendo a frutto la laurea conseguita in costanza di matrimonio.

Peraltro, la Corte d’Appello ricordava che il richiedente l’assegno di mantenimento non può porre a carico dell’altro coniuge le conseguenze della mancata conservazione dello stile di vita matrimoniale quando emerga che egli, pur potendo, non si sia doverosamente adoperato per reperire o migliorare un’occupazione lavorativa retribuita confacente alle sue attitudini/capacità.

La donna proponeva ricorso per cassazione, insistendo nella richiesta di mantenimento per aver dato un apporto formazione del patrimonio del marito, essendosi occupata in via esclusiva vita della famiglia, accudendo figli e marito.

I giudici di legittimità chiariscono immediatamente che i principi enunciati dalla donna sono in realtà quelli elaborati dalla Corte in materia di divorzio e non possono trovare applicazione in caso di separazione.

Ciò chiarito, la Corte di Cassazione non ha potuto che confermare quanto espresso dalla Corte d’Appello là dove ha chiarito che il richiedente l’assegno di mantenimento è gravato dall’onere di dimostrare che la situazione in cui versa non sia ascrivibile a sua colpa, in modo che rimanga escluso che egli, pur potendo, non si sia doverosamente adoperato per reperire o migliorare la propria occupazione lavorativa retribuita in maniera confacente alle sue attitudini/capacità.

La Corte d’Appello ha ravvisato proprio una colpa in capo alla donna, perché si avvaleva ancora di un orario lavorativo parziale con stipendio ridotto, pur avendo conseguito la laurea in scienze politiche nel 2012 e malgrado i tre figli fossero oramai divenuti maggiorenni, e già durante il matrimonio non si era maggiormente proiettata nella realtà lavorativa

Per questo motivo, la Corte di merito ha negato l’esistenza di una penalizzazione professionale da riequilibrare e che l’appellante potesse porre a carico dell’altro coniuge le conseguenze della mancata conservazione dello stile di vita matrimoniale.

La Corte di Cassazione non ha pertanto potuto fare altro se non confermare quanto stabilito dalla Corte D’Appello.

Autore Ilaria Franciosa

Associate

Milano

i.franciosa@lascalaw.com

Desideri approfondire il tema Persone e Famiglia ?

Contattaci subito