25.10.2022 Icon

Danno alla salute: la decorrenza della prescrizione non può prescindere dai progressi della scienza

Nella specifica materia del ristoro del danno alla salute, il termine di prescrizione inizia a decorrere solo dal momento in cui viene accertato, in maniera compiuta e attraverso gli strumenti e le tecniche più moderne, il nesso causale tra il danno e il fatto illecito. 

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione in una recente sentenza.

Nel caso esaminato dalla Suprema Corte, un soggetto aveva convenuto in giudizio, dinanzi al Tribunale competente, la Gestione liquidatoria della ex USL di un comune italiano, chiedendo il pagamento di un’ingente somma a titolo di risarcimento di tutti i danni patiti in conseguenza di un trauma da parto del quale assumeva essere responsabile la struttura sanitaria convenuta. 

In primo grado il Tribunale competente aveva rigettato la domanda e condannato l’attore al pagamento delle spese di lite. 

Avverso tale sentenza, l’interessato aveva dunque proposto appello.

In tale sede la Corte d’Appello, esaminando un’eccezione non valutata dal Giudice di prime cure, aveva tuttavia dichiarato estinto per prescrizione il diritto al risarcimento dell’attore

Secondo i giudici di secondo grado, l’ordinaria e normale prudenza avrebbe dovuto indurre i genitori dell’attore, anche alla luce della loro qualifica professionale (la madre farmacista e il padre medico) ad approfondire le cause della disabilità del figlio e a ripetere gli esami negli anni successivi alla nascita, in ragione dei progressi della scienza e degli ulteriori mezzi di indagine dalla stessa apprestati. Tale comportamento avrebbe permesso di raggiungere piena consapevolezza della causa della malattia in data anteriore rispetto a quella dedotta in atti. 

Una tesi che non ha, tuttavia, convinto la Suprema Corte che, chiamata a pronunciarsi sulla questione, ha ribadito come costituisca principio consolidato quello secondo cui “il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno inizia a decorrere non dal momento in cui il fatto si verifica nella sua materialità e realtà fenomenica, ma da quando esso si manifesta all’esterno con tutti i connotati che ne determinano l’illiceità”. 

Sempre sulla scorta di tale principio di diritto – ha ribadito la Suprema Corte – il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto patologie a seguito di emotrasfusioni di sangue infetto si è fatto risalire non al momento in cui la malattia si manifesta all’esterno bensì dal momento in cui tale malattia viene percepita, o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, “usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche”. Sicchè “l’exordium praescriptionis, che la parte eccipiente ha l’onere di allegare e provare ai sensi dell’art. 2697, comma 2, c.c., coincide con il momento in cui viene ad emersione il completamento della fattispecie costitutiva del diritto, da accertarsi, rispetto al soggetto danneggiato, secondo un criterio oggettivo di conoscibilità della etiopatogenesi”. 

Ad avviso della Corte tale principio è da ribadirsi anche nella fattispecie dedotta in giudizio in cui l’attore ha affermato che la sordità bilaterale della quale è affetto ha avuto origine neonatale e che la causa sia stata conosciuta solo nel 2006, grazie all’evoluzione e ai progressi della scienza medica

E posto che, come rilavato dalla Cassazione, la Corte d’appello, nel giudicare il caso, avrebbe dovuto fare leva sulla condotta diligente da rapportare allo stato delle acquisizioni della scienza medica che sole, hanno permesso di comprendere quale fosse il nesso eziologico della malattia, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello per un nuovo esame del caso che tenga conto dei principi esposti.

Autore Federica Vitucci

Associate

Milano

f.vitucci@lascalaw.com

Desideri approfondire il tema Persone e Famiglia ?

Contattaci subito