10.10.2023 Icon

Amministrazione di sostegno e capacità a contrarre matrimonio

La Corte di Cassazione con la recente ordinanza n. 27691 del 2.10.2023 è stata chiamata a pronunciarsi sulla capacità del soggetto sottoposto ad amministrazione di sostegno di contrarre matrimonio.

Nel caso in esame, a fronte delle pubblicazioni relative al matrimonio, l’amministratore di sostegno del futuro sposo si opponeva alla celebrazione in forza di un’autorizzazione rilasciata dal giudice tutelare che successivamente peraltro integrava il provvedimento di apertura della procedura prevedendo il divieto per l’amministrato di contrarre matrimonio, rilevando come il beneficiario non era in grado di determinarsi liberamente, né di comprendere gli effetti giuridici ed economici derivanti dal vincolo coniugale.

La Corte di Cassazione ha avuto modo di chiarire che il beneficiario dell’amministrazione di sostegno non acquista lo status di incapace e, dunque, non possono essergli applicate tout court le norme limitative previste per l’interdetto (si pensi, specificamente, al divieto di contrarre matrimonio sancito dall’art. 85 c.c., comma 1) o l’inabilitato.

Da ciò ne consegue che tutto ciò che il giudice tutelare, nell’atto di nomina o in successivo provvedimento, non affida all’amministratore di sostegno, in vista della cura complessiva della persona del beneficiario, resta nella completa disponibilità di quest’ultimo.

Tale impostazione deriva non solo dalle finalità della legge – di valorizzare le capacità residue e di sostenere, più che limitare – ma anche dall’intento del legislatore di mantenere volontariamente sfumati i contorni tra capacità ed incapacità di agire, in quanto l’assolutezza di tale dicotomia non appare più adeguata a spiegare le innumerevoli situazioni che conducono all’apertura del procedimento di amministrazione di sostegno.

Ne discende dunque che colui che è sottoposto ad amministrazione di sostegno è pienamente capace in relazione agli atti per i quali non è prevista una specifica incapacità, e la sua condizione giuridica è differenziata da quella dell’interdetto, cosicché ne deve essere tenuta distinta la posizione, salvo nel caso in cui il giudice non compia una valutazione ad hoc in ordine alla necessità di assimilarne la tutela.

I Giudici di legittimità hanno poi precisato che in ragione delle significative differenze che intercorrono tra l’amministrazione di sostegno (diretta a valorizzare le residue capacità del soggetto debole) e l’interdizione (volta a limitare la sfera d’azione di quel soggetto in relazione all’esigenza di salvaguardia del suo patrimonio nell’interesse dei suoi familiari), il divieto di contrarre matrimonio, previsto dall’art. 85 c.c., per l’interdetto, non trova generale applicazione nei confronti del beneficiario dell’amministrazione di sostegno ma può essere disposto dal giudice tutelare solo in circostanze di eccezionale gravità, quando sia conforme all’interesse dell’amministrato.

Risulta chiaramente affermato, pertanto, il principio che ciascun soggetto, anche il beneficiario di amministratore di sostegno, è titolare del diritto personalissimo di autodeterminarsi con riguardo al proprio matrimonio, salvo un provvedimento specifico del Giudice Tutelare.

Autore Ilaria Franciosa

Associate

Milano

i.franciosa@lascalaw.com

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