Con atto di citazione l’attrice conveniva in giudizio il condominio dinanzi al Tribunale al fine di ottenere il risarcimento dei danni riportati per le lesioni personali dalla stessa subite a seguito dell’incidente verificatosi in conseguenza di una caduta avvenuta all’interno del convenuto condominio; a supporto della dispiegata azione risarcitoria, l’attrice adduceva che, nelle indicate circostanze di tempo e di luogo, all’interno della scala B del suddetto condominio alle ore 23,15 circa, mentre si accingeva a scendere le scale per far ritorno alla propria abitazione, dopo essere stata in visita al condomino, insieme al marito e figlia, all’altezza della rampa di scale del primo piano, a causa della presenza di liquido (trasparente) che rendeva il gradino scivoloso, cadeva lungo tutta la rampa di scale che dal primo piano conduceva al piano terra, urtando violentemente con il viso sull’ultimo gradino. Veniva prontamente soccorsa dal marito e da altri condomini che assistevano all’accaduto e, a causa di fortissimi dolori al naso e perdita di sangue, veniva condotta al Pronto Soccorso.
Stante la su esposta dinamica del sinistro, l’attore riteneva imputabile la responsabilità nella causazione dell’evento dedotto al Convenuto condominio, ai sensi dell’art. 2051 c.c., nella qualità di proprietario delle cose in comune, tra cui riteneva annoverabile il gradino della rampa di scale, sul quale giaceva il liquido responsabile della caduta; imputava inoltre all’indicato Condominio ai sensi dell’art. 2043 c.c., la responsabilità per aver omesso di segnalare lo stato di pericolo rappresentato dalla presenza del liquido suddetto.
Si costituiva il convenuto Condominio impugnando in fatto e in diritto l’atto di citazione ex adverso proposto. Contestava l’an debeatur, disconoscendo le circostanze dell’incidente, come rappresentate da controparte; quindi, eccepiva non esser tenuto ad alcun risarcimento nei confronti dell’attrice. Di contro, asseriva che la caduta dell’attrice sulle scale del Condominio era addebitabile unicamente ed esclusivamente alla condotta distratta, imperita, imprudente e negligente di quest’ultima. Rilevava che, da accertamenti espletati sulla rampa di scale ove si era verificata la caduta lamentata dall’attrice, (alla data dell’evento) risultava nel suo complesso un più che buono stato di conservazione e manutenzione.
Segnatamente, evidenziava che la scala era composta da gradini con rivestimento in granito tale da impedire eventuali ristagni di liquidi ed era risultata protetta, sul lato sinistro (direzione discesa come riferimento), dalla muratura dell’edificio e, sul lato destro (sempre in riferimento alla discesa), da una ringhiera dotata di passamano, entrambi in buono stato di manutenzione. Evidenziava, inoltre, che il primo gradino (per chi scende), ove parte attrice contestava la presenza di liquido, era risultato non presentare alcuna anomalia, ovvero rotture e/o sconnessioni e/o dislivelli e quindi insidie intese quali situazioni di pericolo non percepibili con l’ordinaria diligenza e legate alle caratteristiche costruttive e/o alla manutenzione strutturale. Infine, rilevava che la rampa di scale era risultata più che sufficientemente illuminata. In ogni caso contestava, che pur a voler ritenere verosimile il ristagno di liquido trasparente che avrebbe reso scivoloso i gradini, la rampa di scale ove veniva rappresentato essersi verificata la lamentata caduta, risultava essere normalmente frequentata da numerosi condomini. Dunque, rilevava il convenuto Condomino che dato l’orario in cui si era verificato l’evento, nella tardissima serata, appena qualche minuto prima della mezzanotte, l’eventuale caduta di qualsivoglia tipo di liquido sui gradini si sarebbe potuta verificare in qualsiasi momento, senza che chi preposto dal Condominio alla custodia delle scale avrebbe potuto rimuovere nell’immediatezza il detto liquido. Pertanto, eccepiva che anche a voler ritenere credibile la presenza di liquido sui gradini, tale presenza costituiva comunque un fattore causale estrinseco ed estemporaneo creato da terzi, non conoscibile né eliminabile con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione. Quindi ribadendo il più che buono stato di conservazione e manutenzione delle scale ove si era verificato l’evento, il convenuto rilevava aver adottato tutte le misure necessarie al fine di evitare pregiudizi a condomini e/o a terzi; pertanto imputando il lamentato evento determinato da cause estrinseche ed estemporanee addebitabili a terzi, le quali nemmeno con l’uso dell’ordinaria diligenza potevano essere tempestivamente rimosse, eccepiva quest’ultime rappresentare il caso fortuito, quale scriminante della responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.. Contestava inoltre che alcuna responsabilità in ordine al lamentato evento poteva essergli ascritta neanche ai sensi dell’art. 2043 c.c.
MERITO DELLA VICENDA – MOTIVI DI ACCOGLIMENTO DELLA DOMANDA
Mette conto evidenziare che la controversia in esame sia inquadrabile nella fattispecie di cui all’art. 2051 c.c., avendo l’istante, nell’atto di citazione, allegato che la responsabilità del Condominio per i danni da sofferti, discende dalla presenza sulle scale condominiali del fabbricato scala B, di una chiazza di liquido non visibile né segnalato. Non rileva ai fini di una diversa configurabilità della responsabilità denunciata, il fatto che l’attrice abbia fatto riferimento nella citazione introduttiva anche al concetto d’insidia, poiché quest’ultima non necessariamente evoca la diversa responsabilità sancita dall’art. 2043 cc, ma ha solo l’effetto di caratterizzare in fatto l’oggetto concreto dell’onere probatorio a carico del custode, nel senso che questi per potere andare esente da responsabilità deve dimostrare l’insussistenza del nesso eziologico tra la custodia della cosa che ha prodotto l’insidia ed il danno (Cass. 19 novembre 2009 n. 24428). L’art. 2051 c.c. prevede che “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito“. In ordine al criterio di imputazione della responsabilità a carico del soggetto che abbia in custodia la cosa, la giurisprudenza (cfr. Cass. nn. 472/2003, 27635/2009, 713/2010, 1768/2012, 7125/2013) ne sottolinea il carattere oggettivo, così superando il precedente orientamento (cfr. Cass. n. 3129/1987) che riconduceva la responsabilità del custode al principio generale della colpa, presunto iuris tantum (“La responsabilità per i danni cagionati da cose ni custodia (art. 2051 c.c.) ha carattere oggettivo e pertanto perché possa configurarsi in concreto è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, senza che rilevi la condotta del custode e l’osservanza o meno di un obbligo di vigilanza; il nesso di causalità deve essere escluso quando il danno sia ascrivibile al caso fortuito” -Cass. n. 472/2003).
La tesi della natura oggettiva della responsabilità in questione merita adesione, anche in considerazione della struttura della norma e della fattispecie ivi prevista; invero, la norma discorre di danno derivante dalla cosa in quanto tale, prescindendo cioè da un comportamento del custode, che, pertanto, rimane estraneo alla fattispecie. È stato giustamente osservato che la responsabilità de qua si fonda su una relazione tra la cosa ed il custode, non già su un comportamento di quest’ultimo. La giurisprudenza ha, altresì, precisato che, ai fini della sussistenza della responsabilità, non è necessario che la cosa sia suscettibile di produrre danni di per sé, ovvero per suo intrinseco potere, essendo sufficiente che il danno si sia verificato nell’ambito del dinamismo connaturale alla cosa stessa, ovvero per l’insorgenza in questa di un meccanismo dannoso, anche se provocato da elementi esterni (sul punto cfr. Cass. nn. 4480/2001 e 5814/1998). Così ricostruita la responsabilità di cui all’art. 2051 c.c., ove una persona assuma di aver subito danni da una cosa in custodia altrui, essa sarà tenuta a provare in giudizio solo l’esistenza del rapporto di causalità fra la cosa e l’evento, spettando, invece, al convenuto l’onere di dimostrare li caso fortuito.
La nozione di caso fortuito viene intesa nel senso più ampio, rientrando in essa sia il fatto del terzo che abbia avuto efficacia causale esclusiva nella produzione del danno (Cass. n. 10556/1998) sia la colpa del danneggiato (Cass. n. 5578/2003), purché intervengano, nella determinazione dell’evento dannoso, con un impulso autonomo e con i caratteri dell’imprevedibilità ed inevitabilità (Cass. n. 4237/1990). Riguardo, in particolare, al comportamento colposo del danneggiato si è affermato che “allorché peraltro la cosa svolge solo ruolo di occasione dell’evento ed è svilita a mero tramite del danno in effetti provocato da una causa ad essa estranea, che ben può essere determinata dallo stesso comportamento del danneggiato, si verifica il cd. fortuito incidentale, idoneo ad interrompere il collegamento causale tra la cosa ed il danno. Il giudizio sull’autonoma idoneità causale del fattore esterno, estraneo alla cosa, va ovviamente adeguato alla natura della cosa ed alla sua pericolosità, nel senso che tanto meno essa è intrinsecamente pericolosa e quanto più la situazione di possibile pericolo è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo (costituente fattore esterno) nel dinamismo causale del danno, fino ad interrompere il nesso eziologico tra cosa e danno ed escludere dunque la responsabilità del custode ai sensi dell’art. 2051 c.c.” (Cass. n. 584/2001); in altri termini il fatto che una persona agisce come membro di un determinato gruppo sociale comporta l’assunzione della responsabilità di saper riconoscere ed affrontare determinati pericoli secondo lo standard di diligenza e capacità del gruppo, dunque al condotta stessa potrà rilevare ai fini del concorso nella causazione dell’evento ai sensi dell’art. 1227 c.c., secondo le circostanze del caso da apprezzarsi dal giudice di merito e incensurabili in sede di legittimità purché congruamente e logicamente motivate (Cass., 22.3.2011, n. 6550). Ed invero, in tema di danni da cose ni custodia, ai fini della configurabilità della responsabilità ex art. 2051 cod. civ., occorre la sussistenza del rapporto di custodia con la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo, rapporto che postula l’effettivo potere sulla stessa, e cioè la sua disponibilità giuridica e materiale, con il conseguente potere di intervento su di essa. Secondo la giurisprudenza, l’amministratore del condominio ha il compito di provvedere non solo alla gestione delle cose comuni, ma anche alla custodia delle stesse, con il conseguente obbligo di vigilare affinché non rechino danni a terzi o agli stessi condomini (Cass. 16 ottobre 2008 n. 25251). Venendo alla dinamica, proprio dalla descrizione della stessa offerta dai testi escussi nell’ambito del presente giudizio, sono emersi elementi valevoli ad ammettere la ricorrenza dei requisiti idonei ad integrare una cosiddetta insidia o trabocchetto (non visibilità oggettiva ed imprevedibilità soggettiva). Ed invero i testi di parte attrice, T2 e T3 da ritenersi attendibili per avere reso una dichiarazione sufficientemente circostanziata, logica e coerente, e per avere fornito una plausibile giustificazione della loro presenza sui luoghi di causa, nonché dettagli che non destano dubbi sulla presenza degli stessi sui luoghi al momento del verificarsi dell’evento dedotto in lite – confermavano il verificarsi dell’evento secondo le modalità allegate dall’attrice in citazione. Di contro, il convenuto non ha fornito la prova che la situazione di pericolo, rappresentata dal liquido presente sul gradino della rampa di scale, parte del fabbricato della scala B del medesimo ente, sia stata cagionata da un evento non prevedibile, né evitabile con l’uso dell’ordinaria diligenza.
Pertanto, non è stata raggiunta la prova che la presenza della sostanza oleosa sia riconducibile ad un evento improvviso ed imprevedibile, qualificabile come fortuito, unica esimente, come ampiamente argomentato della imputabilità della responsabilità di cui all’art 2051 c.c., quale per esempio, il getto del liquido per terra da parte di un terzo nella immediatezza del fatto; tenuto conto dell’oggettiva pericolosità della macchia di liquido, – al quale come riferito dai testi non era visibile perché trasparente né vi era alcun tipo di segnalazione che ne indicasse al presenza (con al conseguenza che il transito sulle scale non era interdetto), – deve escludersi che, nella specie, la produzione dell’evento sia stata in parte cagionata dalla condotta imprudente della danneggiata, cosi da poter ritenere superata al presunzione di corresponsabilità di cui al secondo comma dell’art. 2054 c.c., nonché al diligenza richiesta alla stregua dell’art. 1227 c.c.