06.12.2023 Icon

Danno patrimoniale: come calcolare il valore della perdita lavorativa a causa del sinistro?

VICENDA GIUDIZIALE

Il danneggiato ha agito in giudizio per sentirsi accertare e dichiarare l’esclusiva responsabilità del veicolo danneggiante in merito al sinistro occorsogli, e per l’effetto condannare la Assicurazioni in solido con il proprietario del mezzo al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti.

A fondamento della domanda ha dedotto in fatto che in data 07.07.2014 alle ore 19.00 circa, mentre percorreva al strada sita ni Squillace, località “Omo Morto”, giunto all’incrocio con la S.P.52 veniva investito dall’autovettura tipo Audi A4, la quale ometteva di dare la precedenza al suo motociclo e che per tale ragione si trovava costretto ad effettuare una repentina manovra di svolta a sinistra durante la quale poggiava il piede sinistro sull’asfalto, riportando un grave trauma al collo del piede sinistro.

Rilevava che la malattia si protraeva per un periodo complessivo di 110 giorni di cui 40 per inabilità temporanea totale, 40 per inabilità parziale al 75%, 30 per inabilità parziale al 50% con postumi invalidanti permanenti quantificabili nella misura del 14%, per un totale di così come accertato nella perizia medico-legale di parte.

Ha inoltre rilevato che la malattia gli ha impedito di poter esercitate con continuità ed efficacia la propria attività imprenditoriale, essendo titolare di partita iva ed amministratore dell’Azienda Agricola e che ciò gli ha determinato un danno patrimoniale per lucro cessante per € 50.000,00 per due mesi di assoluta inattività lavorativa o in via gradata da valutarsi in via equitativa.

Ha inoltre rilevato di aver ricevuto dalla compagnia di Assicurazioni X titolo di offerta per danno alla persona la somma complessiva di € 17.000,00, di cui € 2.000,00per competenze professionali, ma di averla trattenuta solo a titolo di acconto e di aver tentato la negoziazione assistita che tuttavia non sortiva effetti.

L’ Assicurazioni s.p.a. contestando sia l’an che il quatum debeatur. Nel merito ha dedotto che la richiesta risarcitoria non appare in alcun modo commisurata alla reale entità del danno oltre a non trovare corrispondenza nella documentazione medica allegata.

Sul punto ha precisato di aver subito dato seguito alla richiesta di danno avanzata dall’attore in fase stragiudiziale incaricando un proprio fiduciario medico al fine di quantificare e accertare le lesioni subite.

Pertanto ha dedotto di aver formalizzato un’offerta di € 17.000,00 che veniva trattenuta a titolo di acconto sul maggior dovuto.

In merito all’an ha dedotto che tra i mezzi non vi è stata alcuna collisione e che ciò è dimostrato dalla dichiarazione rilasciata dal conducente del mezzo che è stata rafforzata dalle dichiarazioni testimoniali rese dai testi oculari, pertanto ha dedotto che la moto dell’attore procedeva ad una velocità non commisurata ai luoghi e soprattutto che la stessa velocità della moto sia stata la causa esclusiva dell’evento. Per tutte queste ragioni ha chiesto il rigetto della domanda attorea o in subordine di rideterminare il quantum richiesto, tenendo conto della concorsualità dell’attore nella causazione del sinistro. Il tutto con vittoria o quanto meno compensazione delle spese di lite.

IN DIRITTO

Giova preliminarmente evidenziare che per come chiarito dalla giurisprudenza “nel caso di scontro tra veicoli, la presunzione di pari responsabilità prevista dall’art. 2054, comma 2, c.c. ha carattere sussidiario, dovendosi applicare soltanto nel caso in cui sia impossibile accertare in concreto il grado di colpa di ciascuno dei conducenti coinvolti nel sinistro; l’accertamento della intervenuta violazione, da parte di uno dei conducenti, dell’obbligo di dare la precedenza, non dispensa il giudice dal verificare, attraverso un attento esame delle prove raccolte del quale deve dare conto nella motivazione della sentenza, il comportamento dell’altro conducente, onde stabilire se quest’ultimo abbia a sua volta violato o meno le norme sulla circolazione stradale ed i normali precetti di prudenza, potendo soltanto l’eventuale accertata inosservanza di dette norme comportare l’affermazione di una colpa concorrente (Cass. Civ. ordinanza n. 3696/2018).”

Inoltre con ordinanza n. 6941/2021 la Suprema Corte ha chiarito che in caso di scontro tra veicoli, l’accertamento della colpa esclusiva di uno dei conducenti e della regolare condotta di guida dell’altro, idonea a liberare quest’ultimo dalla presunzione di concorrente responsabilità fissata in via sussidiaria dall’art. 2054, comma 2, cod. civ., nonché dall’onere di provare di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno, può essere effettuato acquisendo tale prova liberatoria non necessariamente in modo diretto, ovvero attraverso la dimostrazione della conformità del suo contegno di guida alle regole della circolazione stradale o di comune prudenza, ma anche indirettamente, ovvero tramite il riscontro del collegamento eziologico esclusivo o assorbente dell’evento dannoso col comportamento dell’altro conducente.

Tanto chiarito l’espletata attività istruttoria ha consentito di accertare l’esclusiva responsabilità del veicolo Audi a ,4 di proprietà del convenuto nel verificarsi dell’evento per cui è causa.

In particolare l’infrazione dell’omessa precedenza da parte del veicolo di proprietà del convenuto è stata confermata dalla testimonianza resa nel corso dell’istruttoria.

Sulla dinamica dell’incidente, il teste su domanda della compagnia di assicurazioni, ha ulteriormente precisato che il veicolo condotto dalla parte convenuta aveva già occupato l’incrocio e svoltava a sinistra verso Squillace superiore, mentre la motocicletta proveniva da Squillace Superiore direzione Squillace Lido ed il motociclista perdeva l’equilibrio, lamentando forti dolori.

Quanto affermato dal teste non risulta in alcun modo contestato dalla compagnia assicurativa che si è limitata a dedurre ipotetiche testimonianze contrastanti in atti. Inoltre in relazione al rilievo della convenuta compagnia assicurativa per cui debba attribuirsi un concorso di colpa all’attore che procedeva a velocità sostenuta, questo giudicante esclude una tale responsabilità ove si consideri che anche qualora l’attore avesse proceduto ad una velocità più moderata, avrebbe tutto al più potuto effettuare un tentativo di frenata non sufficiente comunque ad evitare l’impatto con il veicolo condotto dalla S che ha effettuato una manovra di svolta non consentita (in tal senso Cass. Civ. ordinanza n. 19115/2020 nella cui parte motiva i giudici di legittimità hanno affermato che tale p u r ipotizzabile circostanza (andatura non commisurata tenuta dal Matera) non ha avuto alcuna incidenza causale, dal momento che detto conducente «non avrebbe potuto compiere altra manovra d’emergenza, oltre quella di frenare, per tentare di evitare l’impatto» ….. Sotto quest’ultimo profilo mette conto precisare che la presunzione di colpa concorrente dettata dall’art. 2054, comma secondo, cod. civ., opera pur sempre sul piano causale; la presunzione di colpa deve, cioè, pur sempre potersi collocare sul piano della relazione causale tra la violazione delle regole di condotta, specifiche o generiche (c.d. causalità della colpa), e l’evento di danno. Ove invece risulti che quella violazione, pur sussistente o non escludibile, non abbia avuto incidenza causale – tale accertamento potendo compiersi, come detto, anche indirettamente, sulla base della valutazione del rilievo causale assorbente rivestito in concreto dalla condotta colposa dell’altro conducente – non v’è ragione di ritenere non superata quella presunzione, una diversa interpretazione finendo con l’attribuire alla norma un significato e una valenza puramente sanzionatoria che non ha.

DANNO PATRIMONIALE

L’attore ha, altresì chiesto il risarcimento del danno patrimoniale subito quale conseguenza del sinistro per non aver potuto svolgere per due mesi la propria attività di imprenditore dell’Azienda Agricola.

Tanto premesso è onere del danneggiato la dimostrazione, anche tramite elementi di natura presuntiva, del pregresso concreto svolgimento di una attività economica o del possesso di una qualificazione professionale acquisita e non ancora esercitata compromessi nella loro effettiva realizzabilità dall’evento lesivo: indefettibile presupposto, in punto di an debeteatur, per la ristorabilità della perdita patrimoniale patita, liquidabile poi, in difetto di una precisa dimostrazione del reddito non conseguibile, in base al parametro, costituente soglia minima di risarcimento, del triplo della pensione sociale (in tal senso Cass. Civ. 5786/2017).

In merito alla prova dell’inattività lavorativa la stessa è desumibile dalla ctu medico legale per come richiamata anche dalla ctu contabile. Ed invero sul punto quest’ultima ha così affermato: “la quantificazione operata dalla parte attrice (due mesi) appare congrua con il referto della CTU medico- legale, che ha attestato un periodo di inabilità temporanea assoluta inferiore (40 giorni), rilevando tuttavia un ulteriore periodo di inabilità temporanea parziale grave (50%) di ulteriori 40 giorni. I due periodi, tra loro sommati e ponderati per la percentuale di inabilità, consentono di individuare in 60 giorni il periodo in cui il danneggiato non è stato in grado di curare la propria attività imprenditoriale. “

Per ciò che attiene alla sua quantificazione la giurisprudenza di legittimità nella parte motiva dell’ordinanza n. 25370/2018 ha chiarito che “la liquidazione del danno patrimoniale da incapacità lavorativa, patito in conseguenza di un sinistro stradale da un soggetto percettore di reddito da lavoro, deve avvenire ponendo a base del calcolo il reddito effettivamente perduto dalla vittima, e non il triplo della pensione sociale (oggi, assegno sociale). Il ricorso a tale ultimo criterio, ai sensi dell’art. 137 c.ass., può essere consentito solo quando il giudice di merito accerti, con valutazione di fatto non sindacabile in sede di legittimità, che la vittima al momento dell’infortunio godeva si un reddito, ma questo era talmente modesto o sporadico da renderla vittima sostanzialmente equiparabile ad un disoccupato.

In applicazione dei su esposti principi si ritiene che dalla documentazione allegata in atti, l’attore abbia assolto all’onere della prova su di esso gravante, attraverso il deposito di copiosa documentazione relativa ai redditi percepiti nelle due annualità precedenti al sinistro per cui è causa.

Al fine della quantificazione del danno questo giudicante ha ammesso CTU contabile, specificando al consulente di porre alla base del calcolo il reddito effettivamente perduto dalla vittima, così come stabilito dalla Suprema Corte di Cassazione nella pronuncia summenzionata.

Ed invero il C.T.U incaricato, ha dapprima stabilito la corrispondenza tra il danno biologico e l’effettiva perdita di capacità lavorativa affermando che: “si è provveduto a stimare il danno patrimoniale da lucro cessante, sulla base delle dichiarazioni dei redditi delle annualità 2012 – 2013 e 2014. In considerazione della tipologia di attività della parte attrice (imprenditore agricolo), si ritiene che la documentazione contabile sia sufficiente a consentire la stima del livello imponibile annuo e, di conseguenza, dell’imponibile afferente al periodo indicato nell’atto di citazione di due mesi di “assoluta inattività imprenditoriale a causa del sinistro stradale per cui è causa.

La quantificazione operata dalla parte attrice (due mesi) appare congrua con il referto della CTU medico-legale, che ha attestato un periodo di inabilità temporanea assoluta inferiore (40 giorni), rilevando tuttavia un ulteriore periodo di inabilità temporanea parziale grave (50%) di ulteriori 40 giorni. I due periodi, tra loro sommati e ponderati per la percentuale di inabilità, consentono di individuare in 60 giorni il periodo in cui il danneggiato non è stato in grado di curare la propria attività imprenditoriale. In secondo luogo sulla quantificazione del danno ha affermato a pag.6 del suo elaborato che: “si è ritenuto prudenziale stimare l’incidenza sul reddito dei due mesi di inabilità calcolando la media dei redditi imponibili delle annualità 2012 e 2013, non interessate dal sinistro, andando a computare l’apporto delle due mensilità perse al reddito come 1/6 della media dei redditi imponibili, quindi € 338.633,50 media reddito imponibile 2012, quota bimestrale della media del reddito €56.438,92.

In via prudenziale, quindi, è possibile stimare in € 56.438,92 il reddito derivante dai due mesi di inattività in conseguenza dell’incidente stradale. A seguito dell’analisi svolta e puntualmente illustrata nel paragrafo ,4 rispetto alla quale le parti non hanno prodotto alcuna osservazione, è possibile stimare un danno patrimoniale complessivo di € 71.634,26 derivante: per € 15.195,34 dal risarcimento da danno biologico; -per € 56.438,92 dalla stima del danno patrimoniale derivante dal lucro cessante.

Detraendo da tale importo quanto già ottenuto stragiudizialmente (€ 15.000,00 pari all’importo di € 17.000,00 meno i compensi professionali di € 2.000,00), si ottiene un importo residuo a favore del danneggiato di € 56.634,26.” Trattasi di conclusioni prive di vizi logici che questo giudicante recepisce interamente a fini decisori.

Del tutto priva di pregio è la doglianza della compagnia assicurativa che in comparsa conclusionale sostiene che i postumi non abbiano determinato alcuna incidenza sulla capacità lavorativa specifica del soggetto, poiché trattasi di un’affermazione priva di riscontro nella consulenza del CTU.

Autore Filippo Maria Rovesti

Lateral Partner

Roma

f.rovesti@lascalaw.com

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