23.07.2021 Icon

Furto d’auto: non vale chiedere l’aiuto a(lla) casa!

Con una recentissima sentenza, la Cassazione ha sancito la plausibilità dell’azione risarcitoria avanzata dal reale proprietario di un auto oggetto di furto connessa all’illecito trattamento dei suoi dati personali concretizzatasi nella consegna da parte della imprudente concessionaria, pochi giorni prima del furto, di un duplicato della chiave elettronica del veicolo ad un soggetto, presentatosi come l’intestatario della vettura, ma rivelatosi poi un truffatore.

No, non si tratta della trama di un film, ma della vera per quanto certamente inusuale vicenda occorsa alla sfortunata vittima di un furto d’auto che, venuta a conoscenza del comportamento tenuto dalla propria concessionaria che a suo dire avrebbe agevolato l’evento furto omettendo di effettuare le opportune verifiche sull’identità del soggetto che ha richiesto il duplicato della chiave, la cita in giudizio unitamente alla casa automobilistica al fine di ottenerne la condanna per l’illecito trattamento dei suoi dati personali con conseguente risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti.

Ma i Giudici del Tribunale sono di diverso avviso ritenendo che il trattamento dei dati personali non possa riferirsi alla consegna del duplicato della chiave, ma eventualmente alla comunicazione del numero di telaio, (poiché solo questo ha le caratteristiche del dato personale), di cui il truffatore era già in possesso al momento dell’accesso alla concessionaria con impossibilità, pertanto, di configurazione di un illecito trattamento dei dati personali del proprietario della vettura.

In soccorso dell’uomo interviene però la Suprema Corte la quale, dando sostanziale importanza al fatto che il terzo soggetto presentatosi in concessionaria abbia ottenuto il duplicato della chiave mediante l’utilizzo di documentazione falsa, precisa che “ad assumere rilievo decisivo, in materia di privacy, è il collegamento funzionale ai fini identificativi tra i dati personali e la persona fisica”. E’ dunque corretto il presupposto di partenza dei giudici di prime cure i quali riconoscono al numero di telaio del veicolo il carattere di dato personale, ma è sbagliato il ragionamento connesso che la consegna del duplicato della chiave elettronica non costituì illecito trattamento dei dati personali in quanto il Tribunale avrebbe dovuto “ricostruire la fattispecie completa considerando l’attività di predisposizione e consegna in fase di contratto di una chiave elettronica personalizzata posta in essere dalla casa automobilistica e successivamente mediante l’indebita duplicazione e la consegna ad un terzo da parte della concessionaria”.

Alla luce di tali basilari considerazioni la questione viene nuovamente affidata alle valutazioni dei Giudici del Tribunale i quali dovranno tenere conto del principio di cui all’art. 4 D.Lgs. n. 196/2003 secondo cui “rientra nel novero dei dati personali qualunque informazione relativa ad una persona identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione ivi compreso un numero di identificazione personale quale il dato costituente la chiave di accesso al sistema elettronico di apertura e chiusura dell’autoveicolo, in quanto ciò che rileva non è il numero in sé, ma il suo collegamento ad una persona”.

Ai Giudici di merito, pertanto, l’arduo compito di accertare se la predisposizione della chiave elettronica indispensabile per poter utilizzare l’automobile, riservata contrattualmente ed in via esclusiva alla casa automobilistica, nonché la sua successiva duplicazione e modifica a richiesta di un soggetto terzo, con la conseguente consegna, integrino un trattamento illecito di dati laddove svolto al di fuori delle condizioni generali di contratto da parte della società concessionaria.

Insomma al povero proprietario non resta che sperare nell’accoglimento delle sue pretese risarcitorie così da poter investire il ricavato in un box che quantomeno costi al malvivente la fatica di forzarne la serratura!

Cass. Civ., Sez. I, 7 luglio 2021, n. 19270

Simona Longoni – s.longoni@lascalaw.com

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