
Nel dicembre 2019 il Parlamento europeo e il Consiglio hanno emanato la direttiva UE 2019/1937 sul whistleblowing. Direttiva che non era stata ancora recepita dall’Italia fino allo scorso 9 marzo. In tale data, il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legislativo di recepimento dopo aver ottenuto il parere favorevole del Garante per la protezione dei dati personali (il Garante).
Cosa prevede il decreto legislativo
Il decreto legislativo si occupa di tutelare i whistleblowers, cioè coloro che segnalano violazioni in un contesto lavorativo, sia pubblico che privato, del diritto dell’Unione o di normative nazionali.
Grande attenzione è data sia alla riservatezza che deve conservare il segnalante e le persone con esso coinvolte sia a quella del contenuto della segnalazione stessa. Questa può essere data in forma scritta o in forma orale, via telefono o con modalità informatiche. Inoltre, nel caso in cui vi sia una inefficacia dei canali di segnalazione interna al luogo di lavoro, è concessa la possibilità di effettuare la comunicazione tramite canali esterni come quello istituito presso l’ANAC (Agenzia Nazionale Anti Corruzione). In entrambi i casi, deve essere designata una persona/autorità competente che dia seguito alla segnalazione e che dia un riscontro al whistleblower entro il termine di tre mesi dal ricevimento della segnalazione. Occorre sottolineare che nel settore privato negli enti con meno di 50 dipendenti viene consentita solamente la segnalazione interna.
Per quanto riguarda il tempo di conservazione delle segnalazioni, queste possono essere conservate per il solo tempo necessario alla loro definizione o comunque per non più di 5 anni.
Conseguenze
Il legislatore comunitario ha fatto rientrare nella categoria dei whistleblowers i lavoratori in qualità di dipendenti, collaboratori, lavoratori subordinati e non, liberi professionisti, dirigenti, volontari, tirocinanti (anche non retribuiti) etc. Sono inclusi anche i parenti o gli affetti c.d. “stabili” di chi ha fatto la segnalazione.
Questi soggetti non possono subire ritorsioni quali:
- licenziamento, sospensione o misure equivalenti;
- retrocessione di grado o mancata promozione;
- mutamento di funzioni, cambiamento di luogo di lavoro, riduzione dello stipendio, modifica dell’orario di lavoro;
- discriminazione o comunque il trattamento sfavorevole;
- etc.
Fermi restando altri profili di responsabilità, qualora si verifichino ritorsioni o l’ANAC accerti che non sono stati istituiti i canali di segnalazione o che non siano state adottate le procedure per gestire le segnalazioni, l’ANAC può emanare sanzioni pecuniarie da 10.000 a 50.000 euro. Nel caso in cui, invece, siano accertati i reati di diffamazione o calunnia in capo al whistleblower, la sanzione ammonterà da 500 a 2.500 euro.
Le disposizioni del decreto legislativo in oggetto entreranno in vigore a partire dal 15 luglio 2023.