10.11.2025 Icon

Corruzione: sussiste il reato quando l’utilità conseguita dal pubblico ufficiale risulta irrisoria rispetto al valore dell’atto compiuto?

Non vi è alcun dubbio che il fenomeno corruttivo cagioni un grave danno allo Stato o, comunque, all’ente cui fa parte il pubblico ufficiale che ha mercificato la propria funzione. Sono infatti numerosi gli studi che hanno dimostrato l’entità del pregiudizio che il fenomeno corruttivo determina per la Pubblica Amministrazione, sia dal punto di vista economico, sia sotto un profilo di immagine e credibilità della stessa.

Proprio per tale ragione il legislatore ha predisposto un articolato catalogo di norme finalizzate a prevenire e sanzionare in sede penale episodi corruttivi. In particolare, le fattispecie incriminatrici di riferimento sono l’art. 319 c.p. (il quale punisce l’accordo corruttivo per il compimento da parte del pubblico ufficiale di un atto contrario ai propri doveri d’ufficio) e l’art. 318 c.p. (che, viceversa, sanziona l’accordo finalizzato all’esercizio delle funzioni attribuite al pubblico ufficiale).

In relazione a tale ultima fattispecie vien da chiedersi se anche una regalia di modico valore fatta dal privato al pubblico ufficiale possa configurare il reato previso e punito dall’art. 318 c.p.

Nella prassi, infatti, non sono rari i casi in cui il privato, all’esito di un procedimento amministrativo che lo ha interessato, conferisca una regalia di valore irrisorio al pubblico ufficiale interessatosi della pratica, a titolo di “riconoscimento” per l’operato di quest’ultimo.

Il caso: un gioiello dopo l’appalto

Una risposta a tale quesito è stata recentemente fornita proprio dalla Suprema Corte di Cassazione, con Cass. Pen., Sez. VI, sent. 14 ottobre 2025, n. 33705.

Il caso deciso dalla Corte riguardava una regalia, effettuata da un imprenditore che si era aggiudicato due appalti dal valore complessivo di centinaia di migliaia di euro, effettuata in favore di un membro della commissione aggiudicatrice. Tale regalia – costituita da un gioiello di modico valore – veniva elargita al pubblico ufficiale a titolo di “riconoscimento” per il lavoro svolto e solo in seguito all’espletamento delle procedure di assegnazione dei bandi.

L’imprenditore, condannato dal Tribunale di Alessandria (in primo grado) e dalla Corte di Appello di Torino (in secondo grado), proponeva ricorso per Cassazione. All’esito del terzo grado di giudizio gli ermellini hanno annullato la sentenza di condanna senza rinvio, perché il fatto non sussiste.

Sproporzione tra utilità e funzione: conseguenze sul piano penale

Ebbene, secondo la Suprema Corte – seppur la proporzionalità tra le prestazioni non sia un elemento della fattispecie di cui all’art. 318 c.p. – tuttavia essa rileva sotto il profilo probatorio dello stesso accordo corruttivo. Così si legge nelle citata sentenza:

l’irrisorietà dell’utilità conseguita rispetto alla rilevanza dell’atto amministrativo compiuto, rileva sul piano probatorio dell’esistenza del nesso sinallagmatico con l’esercizio della funzione, il cui mercimonio integra il disvalore del fatto punito dall’art.318 cod. pen.”.

Continua il Supremo Consesso:

se tali donativi, pur di modico valore, integrano certamente l’illecito disciplinare [a carico del pubblico ufficiale, n.d.r.] allorchè siano avvenuti in coincidenza temporale con l’esercizio della funzione, per integrare, invece, il reato di cui all’art. 318 cod. pen. non basta la sola correlazione temporale, ma è richiesto che le condotte del pubblico dipendente e del privato si inseriscano in un rapporto sinallagmatico fra parti contrapposte, poiché la corrispettività “funzionale” di ciascuna di esse resta un elemento necessario per l’integrazione del reato di corruzione, tanto di quella propria che di quella impropria. D’altra parte è evidente che, ai fini dell’accertamento del nesso di corrispettività, allorché si tratti di donativi di modico valore, il requisito della proporzionalità assume una maggiore pregnanza sul piano probatorio, rispetto a quei casi in cui la dazione o l’offerta di utilità da parte del privato, per la loro consistenza economica valutata in assoluto e non in proporzione all’entità del favore ricevuto, siano già di per sé tali da ricondursi certamente nell’ottica del mercimonio della funzione pubblica. Deve, quindi, ribadirsi il principio già affermato nella giurisprudenza di legittimità, secondo il quale non assume rilevanza penale la condotta del privato che manifesti con donativi di modesto valore il proprio apprezzamento per l’attività svolta dal pubblico agente (…). Correlativamente, si deve ritenere che anche la condotta da parte del soggetto pubblico che ne accetti la corresponsione, al di fuori di una relazione di corrispettività con l’attività svolta, non assume rilevanza penale, fermo restando il carattere illecito di detto comportamento sotto il profilo disciplinare”.

Autore Stefano Gerunda

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Autore Andrea Caprioglio

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