04.12.2023 Icon

Mettiti le mie scarpe, ma non le stesse: il caso Dr Martens e la tutela del design industriale

Il Tribunale di Napoli ha recentemente emesso una pronuncia significativa in un caso che coinvolgeva il noto marchio di calzature “Dr Martens”.

In questa controversia, Dr Martens aveva agito contro un’altra azienda operante nello stesso settore per la produzione di calzature che riproducevano i segni distintivi del proprio marchio.

L’ordinanza ha confermato un provvedimento cautelare precedentemente emesso che inibiva alla società resistente la continuazione della produzione e del commercio delle calzature contestate, ordinando inoltre il sequestro di tali prodotti e del relativo materiale pubblicitario.

Inoltre, è stata stabilita una penale per ogni violazione successiva al provvedimento adottato.

Il Tribunale, sebbene abbia confermato il provvedimento, ha tuttavia escluso la tutela autoriale chiesta da parte ricorrente.

Il nucleo della decisione si basa sull’interpretazione e applicazione dell’articolo 20 del D.Lgs. n. 30/2005, riguardante i diritti conferiti dalla registrazione di un marchio, esso stabilisce che tali diritti includono l’uso esclusivo del marchio e il diritto di vietare ai terzi, senza il proprio consenso, l’utilizzo di un segno identico o simile per prodotti o servizi identici o affini. L’obiettivo è, ovviamente, prevenire la confusione dei consumatori e proteggere la reputazione e il valore del marchio originale.

Il Tribunale ha chiarito che per applicare questa normativa, è necessario che vi sia un’identità sostanziale tra i segni distintivi utilizzati dalla società resistente e quelli di “Dr Martens”.

Infatti, l’articolo 20 del D.Lgs. n. 30/2005 istituisce un livello di tutela progressivo; ove vi sia identità tra il segno contraffattorio ed il marchio, per prodotti e servizi identici a quello per cui esso è stato registrato, l’art. 20, comma 1, lett. a), c.p.i., configura una presunzione di contraffazione che prescinde dall’ esame sul rischio di confusione determinato dall’attività illecita.

Il primo requisito affinché operi tale disciplina è che sussista un’identità sostanziale tra i segni. Al riguardo, nonostante non vi sia accordo in dottrina tra coloro i quali sostengono che rilevi un’identità̀ assoluta e quanti sostengono, al contrario, che basti solo quella sostanziale, si colloca in una posizione intermedia la giurisprudenza comunitaria, secondo la quale è necessario che il secondo segno riproduca, senza modifiche, gli elementi caratterizzanti il marchio, nell’impressione complessiva e sintetica del consumatore medio.

Il secondo requisito è che i segni siano utilizzati per prodotti e servizi identici (non solo appartenenti allo stesso settore, ma anche che siano destinati a soddisfare le stesse esigenze a livello merceologico), che presentino quindi identità di caratteristiche agli occhi di un consumatore medio.

Inoltre, è stato sottolineato che i prodotti in questione devono essere identici o simili a quelli per cui il marchio è stato registrato.

Un ulteriore tutela viene assicurata al c.d. “marchio rinomato“, ossia quello conosciuto da una parte significativa del pubblico, tanto da acquisire un valore in sé, che prescinde dalla funzione distintiva del segno. Tale valore, di tipo economico, riceve tutela proprio in forza dell’art. 20, lett. c), D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30.

Infatti, un marchio, oltre ad indicare l’origine di un prodotto, può svolgere altre funzioni meritevoli di tutela; può, in particolare, offrire la garanzia che tutti i prodotti provenienti da una determinata impresa abbiano la stessa qualità e può, inoltre, servire da efficace strumento di “marketing”, riflettendo il prestigio e la popolarità acquisiti sul mercato.

La questione della tutela autoriale è stata un altro aspetto centrale della decisione. “Dr Martens”, infatti, aveva richiesto la tutela autoriale per i suoi iconici scarponcini “1460”, ma il Tribunale ha escluso questa forma di protezione.

Per essere tutelate dal diritto d’autore, le opere di disegno industriale devono presentare un carattere creativo e un valore artistico. Sebbene gli scarponcini “1460” fossero considerati originali e avessero avuto un significativo successo commerciale, si è ritenuto che non fossero stati forniti sufficienti elementi per dimostrare il loro valore artistico. Come è stato acutamente osservato, l’espressione del valore artistico di un prodotto di design non può ritenersi compromessa dal carattere industriale del prodotto, in quanto vi è la possibilità che possegga caratteristiche tali da suscitare un apprezzamento estetico che prevalga sulle funzionalità.

Tuttavia, il Tribunale  puntualizza che, nel passare in rassegna i parametri necessari per l’accertamento del valore artistico, occorre privilegiare parametri oggettivi, quale ad esempio il consolidarsi della percezione nella collettività, ed in particolare, negli ambiti culturali, Sostanzialmente: “il valore artistico va valutato con particolare rigore, limitato alla “fascia alta” delle opere di design, e va accertato con criteri obiettivi, quali la partecipazione a mostre, esposizioni, recensioni, valutazioni di esperti, parametri atti tutti a integrare una sorta di riconoscimento collettivo” (Trib. Napoli 14 dicembre 2012).

Il Tribunale ha sottolineato che, sebbene le calzature “Dr Martens” potessero essere state rivoluzionarie nel mercato, ciò non era sufficiente per qualificarle come opere d’arte protette dal diritto d’autore. In altre parole, il successo commerciale e l’innovazione da soli non sono sufficienti per ottenere la tutela autoriale.

Autore Gaia Anna Lenoci

Stage

Milano

g.lenoci@lascalaw.com

Desideri approfondire il tema Marchi e brevetti ?

Contattaci subito