La riproduzione del marchio su un modellino in scala ridotta di un’autovettura realmente esistente non costituisce violazione dei diritti di privativa industriale. Così ha deciso la Corte di Cassazione sulla controversia instaurata dalla casa di Maranello Ferrari S.p.A., che ha visto apporre su dei modelli in scala, prodotti e commercializzati senza autorizzazione, il proprio segno distintivo del “cavallino rampante”
La causa approdava dinanzi alla Corte di Cassazione forte di un duplice rigetto delle doglianze mosse nei due gradi precedenti da Ferrari S.p.A., infatti, già il Tribunale di Modena rigettava le domande della casa di Maranello, statuendo che l’apposizione del marchio su dei modelli di autovetture in miniatura non costituisce un utilizzo illecito del segno distintivo. Inoltre, lo stesso Tribunale non aveva ravvisato nei comportamenti commerciali, posti in essere dalla convenuta, atti di concorrenza sleale, né tantopiù, la violazione del diritto d’autore, in quanto alla richiesta protezione del modello “reale” attraverso il diritto d’autore da parte di Ferrari, il Tribunale non aveva riconosciuto nel modello non in scala il “valore artistico”. Valore che si pone come dirimente per l’accesso alla tutela autorale delle opere del disegno industriale, riconosciuto solo a quelle opere del disegno industriale esposte da musei o pubblicate da riviste del settore.
Così, Ferrari veniva in primo grado condannata al risarcimento danni nei confronti della convenuta, con annessa pubblicazione della sentenza ed allo stesso modo, anche in appello, respinto il ricorso presentato, veniva condannata ad un’ulteriore somma.
Il giudizio di secondo grado, operato dalla Corte emiliana, confermando la pronuncia di primo grado, ha basato la sua sentenza su quanto, in realtà, già esaminato dalla Corte di Giustizia dell’UE.
Infatti, in un caso analogo (CGUE C 48/05 Adam Opel Ag e Autec AG), la Corte dell’UE aveva riconosciuto che l’uso del marchio altrui su una riproduzione fedele di modellini in scala fosse consentito, in quanto apposto per meri fini descrittivi. Pertanto, concludendo come l’apposizione del marchio sul modello fosse lecita, poiché non crea rischio di confusione o di associazione fra il marchio ed il produttore di modelli in scala.
Ferrari, attraverso ricorso in Cassazione ha affidato le proprie doglianze da un lato, proprio sull’asserito errato richiamo, ed applicazione integrale della sentenza della Corte UE, dall’altro sul fatto che la sentenza UE avrebbe analizzato un solo aspetto dell’istituto del marchio, quale la funzione distintiva, avente il compito di garantire ai consumatori la provenienza del prodotto. Secondo le difese di Ferrari proprio per tale ragione ne è derivata la pronuncia di liceità dell’apposizione del marchio sulla riproduzione in scala, avendo infatti tralasciato l’esame delle altre funzioni del diritto di privativa del marchio, quale quella pubblicitaria, evocativa e di investimento che, in particolare nel caso di marchi rinomati, andrebbe a costituire una fattispecie di illecito per contraffazione.
Inoltre, la ricorrente ha sostenuto come per far valere l’uso del marchio non lesivo degli altrui interessi non basti invocarne l’uso descrittivo, necessario alla riproduzione della realtà, bensì è necessario verificare che l’uso del marchio sia corretto. Per tali due motivi ricorrente ha formulato istanza di rimessione alla Corte Europea.
Sui punti sollevati da Ferrari, la Suprema Corte ha ritenuto i due motivi infondati, in quanto, già nella richiamata causa Adam Opel Ag c/ Autec AG è stato fatto corretto utilizzo dei principi di diritto enunciati dalla direttiva 89/104/CEE, in materia di marchi d’impresa, rinnovando come l’accertamento della contraffazione del marchio si fonda sulla condizione che non si verifichi un uso immotivato del segno e che tale uso non generi un indebito vantaggio.
Inoltre, a maggior ragione essendo già stata investita dalle medesime questioni è stata rigettata l’istanza di rimessione alla Corte Europea.
Inoltre, la Corte Suprema concludendo come le fedeli riproduzioni con apposizione del marchio non hanno arrecato pregiudizio, neppure potenziale, ha notato come, al contrario di quanto sostenuto da Ferrari, sia emersa nel giudizio di merito la prova contraria. Infatti, alcuni modellini della convenuta sono esposti nella galleria Ferrari, oltre che pubblicati in riviste di settore, traendo da ciò la coerente conclusione che l’uso del marchio del cavallino rampante non ha in alcun modo danneggiato Ferrari.
In conclusione, la Suprema Corte constatando che l’attività della convenuta si sostanzia nella mera creazione di modellini, che hanno lo scopo di riprodurre in modo fedele e dettagliato la realtà, rilevato che la riproduzione sul modello in scala del marchio è un elemento che non mira ad appropriarsi di pregi, notorietà o investimenti altrui, non ha rinvenuto le fattispecie di violazione dei diritti di privativa industriale, rigettando il ricorso e condannando alle spese Ferrari S.p.A.