18.11.2022 Icon

Superamento del periodo di comporto per malattia derivante da stress lavorativo: il licenziamento è nullo

La pronuncia che esamineremo di seguito trae origine dal ricorso proposto da un lavoratore, con qualifica di quadro, che lamentava orari di lavoro usuranti, tali da causargli stress, depressione e attacchi di panico.

Oltre a ciò, il lavoratore lamentava di non aver mai ricevuto la retribuzione per il lavoro straordinario prestato.

Secondo la tesi del ricorrente, l’eccessivo stress lavorativo diventava patologico, costringendolo ad assentarsi per malattia oltre il periodo di comporto previsto dal CCNL di riferimento.

Il datore di lavoro, superato il periodo di comporto, licenziava il lavoratore.

In forza delle argomentazioni sopra riportate, il dipendente chiedeva il risarcimento del danno biologico che il sovraffaticamento lavorativo gli aveva causato; la corresponsione delle retribuzioni spettanti a titolo di lavoro straordinario, nonché di dichiarare l’illegittimità del licenziamento.

Tanto premesso, si osserva che, di regola, il personale direttivo non è sottoposto ai limiti legali relativi all’orario di lavoro stabiliti per gli altri dipendenti e, pertanto, non sono dovuti compensi per le ore di straordinario prestato dal personale medesimo.

Il motivo di tale scelta risiede nella natura della prestazione lavorativa affidata e nell’elevato grado di autonomia nella gestione delle attività.

Tuttavia, i funzionari direttivi, sebbene esclusi dalla disciplina legale sulle restrizioni dell’orario di lavoro, hanno comunque diritto al compenso per lavoro straordinario se la disciplina collettiva delimita anche per essi l’orario di lavoro oppure se la durata della loro prestazione valica il limite di ragionevolezza in rapporto alla necessaria tutela della salute e dell’integrità psico-fisica del lavoratore.

A tal proposito, la giurisprudenza aveva già avuto modo di affermare che l’essere costretto quotidianamente e continuativamente a restare sul luogo di lavoro oltre l’orario normale costituisce carattere gravoso e usurante della prestazione.

Su queste premesse, il Giudice riteneva che il lavoratore avesse lavorato oltre il limite della ragionevolezza e riconosceva la natura professionale della malattia che ne era derivata, con condanna del datore di lavoro al pagamento delle retribuzioni spettanti e al risarcimento del danno biologico non patrimoniale.

Inoltre, il Tribunale dichiarava nullo il licenziamento irrogato per superamento del periodo di comporto, avendo il lavoratore provato la sussistenza del nesso di causalità tra la malattia psichica patita e lo stress lavorativo al quale quest’ultimo è stato sottoposto, a fronte degli orari usuranti osservati e del sovraccarico dovuto alla mole di mansioni e responsabilità attribuitegli.

In definitiva, il datore di lavoro è tenuto ad adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità psicofisica del prestatore di lavoro, anche evitando che si verifichino situazioni di eccessivo stress lavorativo derivanti da tempi di lavoro irragionevoli e usuranti.

Autore Rachele Spadafora

Senior Associate

Bologna

r.spadafora@lascalaw.com

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