Nel mese di agosto la Corte di Cassazione ha pronunciato una interessante sentenza riguardante l’applicazione della regola di stabilizzazione dei postumi derivanti da un infortunio.
Il caso in questione riguarda un lavoratore che, nell’anno 1975, è stato vittima di un infortunio in itinere, a seguito del quale l’INAIL gli ha riconosciuto una rendita da infortunio del 30%.
Nel 2010 il lavoratore, già titolare della rendita da oltre 30 anni, ha sviluppato anche di una patologia ematica, riconducibile alle trasfusioni di sangue a cui si era dovuto sottoporre a seguito dell’infortunio.
Pertanto, dato l’aggravarsi delle sue condizioni di salute, l’assicurato si rivolgeva al Tribunale di Firenze per ottenere l’adeguamento della rendita dal 30% al 48%.
L’art. 83 del Testo Unico sull’assicurazione degli infortuni sul lavoro (D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124) dispone che il lavoratore che beneficia di una rendita riconosciuta a seguito di un infortunio sul lavoro possa chiederne la revisione, entro il termine di 10 anni dalla decorrenza della rendita, qualora vi sia un peggioramento delle condizioni di salute e che, tale peggioramento, sia derivato dall’infortunio che ha dato luogo alla liquidazione della rendita.
Diversamente, qualora il lavoratore che già percepisce la rendita sia colpito da un nuovo infortunio indennizzabile con una ulteriore rendita, l’art. 80 del predetto Testo Unico sull’assicurazione degli infortuni sul lavoro prevede che si debba procedere alla costituzione di una unica rendita in base al grado di riduzione complessiva della capacità lavorativa causata dalle lesioni occorse dal precedente infortunio e dal nuovo.
Orbene, tornando al caso di specie, sia il Tribunale di Firenze che la Corte d’Appello di Firenze hanno rigettato la domanda posta dal lavoratore.
Infatti, accertato che la causa della patologia siano state le trasfusioni a cui il lavoratore si era dovuto sottoporre a seguito dell’infortunio, i Giudici di merito hanno ritenuto che si dovesse applicare l’art. 83 del Testo Unico sull’assicurazione degli infortuni sul lavoro, con conseguente applicazione del termine prescrizionale di 10 anni.
Secondo i Giudici fiorentini la patologia epatica, sebbene sia emersa nel 2010, deve essere considerata una modifica peggiorativa delle condizioni fisiche collegate all’infortunio del 1975 che aveva dato luogo alla liquidazione della rendita, impedendo così la revisione della rendita per effetto del decorso del termine di 10 anni dall’infortunio.
Il lavoratore ha quindi presentato ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando la violazione e falsa applicazione dell’art. 83 del Testo Unico sull’assicurazione degli infortuni sul lavoro, oltre ad una errata interpretazione del principio di diritto relativo alla stabilizzazione dei postumi, enunciato della Corte di Cassazione in una precedente sentenza del 2018 (cfr. Cass. Civ, Sez. Lav., sent. n. 1048 del 2018).
In questa precedente pronuncia, la Corte aveva precisato che la regola della stabilizzazione dei postumi oltre il decennio dalla costituzione della rendita, disciplinata dal sopracitato art 83, riguarda unicamente gli aggravamenti originati dalla naturale evoluzione del relativo processo morboso.
Gli ermellini, ritenendo di dare continuità al principio nella sentenza di cui sopra, hanno accolto il ricorso promosso dal lavoratore.
In particolare, la Corte di Cassazione ha precisato che il termine decennale di cui all’art. 83 si applichi esclusivamente qualora l’aggravamento della condizione di salute derivi dalla naturale evoluzione dell’originario stato morboso.
Al contrario, se il maggior grado di inabilità sia dovuto ad una concausa sopravvenuta, comunque collegata all’infortunio che ha dato origine alla rendita, si deve applicare l’art. 80, con esclusione del predetto termine prescrizionale.
In altre parole, la Corte ha chiarito che il termine decennale di prescrizione si applica solo alla naturale evoluzione dello stato morboso, che, per l’appunto, secondo l’art. 83 si intende stabilizzato decorso il termine di 10 anni.
Invece, la concausa sopravvenuta e causalmente dipendente dall’infortunio, essendo un evento non prevedibile ed estraneo, esula dall’applicazione della summenzionata norma.
In conclusione, la Corte, per le ragioni sopra esposte, ha cassato la sentenza pronunciata dalla Corte di Appello di Firenze, rinviando a quest’ultima al fine di verificare se, e in quale percentuale, la patologia epatica abbia inciso sul grado di inabilità ai fini della riliquidazione della rendita.