La Corte di Cassazione, con sentenza del 20 giugno 2024, si è nuovamente pronunciata sull’obbligo di repêchage nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
Nel caso oggetto di trattazione, a seguito di una riorganizzazione aziendale, il datore di lavoro ha proceduto al licenziamento per giustificato motivo oggettivo di due lavoratori inquadrati al V livello con mansioni di autista, in quanto non potevano essere adibiti a mansioni inferiori.
I lavoratori hanno impugnato il licenziamento poiché ritenuto ritorsivo in ragione della loro adesione al sindacato e comunque adottato in violazione dell’obbligo di repêchage.
Il Tribunale di Lecce, sebbene abbia escluso la ritorsività del licenziamento, ha ritenuto illegittimo il provvedimento proprio per violazione del suddetto obbligo di repêchage.
Di tutt’altro avviso la Corte d’Appello, che ha ritenuto legittimo il provvedimento adottato dal datore di lavoro per mancanza di posizioni fungibili di pari livello (tutte impiegate nel settore della ristorazione per cui erano richieste figure professionali di cuoco e aiuto cuoco) e poiché le diverse mansioni di livello inferiore richiedevano una formazione non posseduta dai lavoratori.
La sentenza pronunciata dalla Corte territoriale è stata impugnata dinnanzi alla Corte di Cassazione, che ha rigettato il ricorso e si è pronunciata come segue.
Gli Ermellini hanno precisato che in occasione di una riorganizzazione aziendale devono essere tutelati sia l’interesse del datore di lavoro a proseguire l’attività sia l’interesse del prestatore a mantenere il proprio posto di lavoro, e dunque a non essere licenziato.
L’obbligo datoriale di repêchage, anche ai sensi del novellato art. 2103, comma 2, c.c., è però limitato alle mansioni inferiori compatibili con il bagaglio professionale di cui il lavoratore sia dotato al momento del licenziamento, che non necessitino di una specifica formazione che il predetto lavoratore non abbia.
Infatti, a detta della Suprema Corte di Cassazione, il datore di lavoro non ha un obbligo di formazione nei confronti del lavoratore per adibirlo a mansioni inferiori.
Quindi, il licenziamento si deve ritenere legittimo, e l’obbligo di repêchage rispettato, qualora il datore di lavoro dimostri che i lavoratori licenziati non fossero indirizzabili verso un’attività di rango inferiore a meno di una specifica attività di formazione che, stante quanto sopra esposto, non compete al datore.
Sul punto, la prova che deve fornire il datore di lavoro deve basarsi su circostanze oggettivamente riscontrabili, poiché in alternativa l’obbligo di repêchage sarebbe affidato ad una valutazione discrezionale dell’imprenditore.
Dunque, il riferimento ai livelli di inquadramento previsti dalla contrattazione collettiva costituisce un elemento che il giudice deve necessariamente valutare per verificare se, in concreto, il lavoratore licenziato fosse, o meno, in grado di espletare le diverse mansioni.
In conclusione, nel caso oggetto di trattazione la Corte di Cassazione, ritenendo che la Corte territoriale avesse correttamente accertato l’incapacità dei lavoratori licenziati allo svolgimento delle mansioni inferiori, siccome non provvisti di un adeguato bagaglio professionale, ha rigettato il ricorso promosso dai lavoratori, confermando la legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo comminato dal datore di lavoro.