27.10.2023 Icon

Non sussiste il mobbing ma lo straining: la domanda di risarcimento deve essere accolta!

La Corte di Cassazione si è occupata nuovamente dei temi del mobbing e dello straining, questa volta chiarendo come deve comportarsi il giudice nel caso in cui, pur non ravvisando gli estremi del primo, riconosca la sussistenza del secondo.

Prima di entrare nel merito della questione, è opportuno riepilogare brevemente le caratteristiche di entrambe le figure giuridiche.

Secondo quanto affermato dalla Corte costituzionale e recepito dalla giurisprudenza, il mobbing consiste in una serie di atti o comportamenti vessatori posti in essere dal datore di lavoro a danno del lavoratore, caratterizzati da un intento di persecuzione ed emarginazione.

Lo straining, invece, si sostanzia in comportamenti stressogeni scientemente attuati nei confronti del dipendente, anche se manchi la pluralità delle azioni vessatorie o esse siano limitate nel numero.

Dunque, lo straining rappresenta una forma attenuata di mobbing, perché priva della continuità delle vessazioni, che si configura quando il datore di lavoro consenta, anche colposamente, il mantenersi di un ambiente stressogeno fonte di danno alla salute dei lavoratori.

Tornando al caso di specie, i giudici di appello avevano accertato che la superiore gerarchica intratteneva rapporti stressogeni con tutti i dipendenti ma in specie con il ricorrente, nei cui confronti aveva messo in atto una condotta che la stessa Corte di appello aveva qualificato come stressante modalità di controllo.

Tuttavia, i giudici di secondo grado avevano escluso la configurabilità del mobbing per mancata prova della reiterazione della condotta riferita ai singoli fatti mobbizzanti, negando al lavoratore il risarcimento dei danni.

Ebbene, ad avviso degli Ermellini, la Corte di appello non avrebbe fatto buon governo delle regole di diritto che vengono in rilievo in relazione alla tutela della personalità morale del lavoratore, essendo oramai risalente l’orientamento secondo cui, al di là della qualificazione come mobbing e straining, quello che conta in questa materia è che dal fatto commesso, anche isolatamente, sia derivata la violazione di interessi protetti del lavoratore (quali la sua integrità psicofisica e la dignità).

Infatti, qualora i predetti interessi protetti vengano lesi, l’ordinamento non può prescindere dal fornire protezione e tutela, rappresentate dal risarcimento deli danni.

Pertanto, se viene accertato lo straining in luogo del mobbing, la domanda di risarcimento del danno deve essere comunque accolta, potendo la reiterazione, l’intensità del dolo o altre qualificazioni della condotta incidere, tutt’al più, sul quantum della pretesa risarcitoria.

Autore Rachele Spadafora

Senior Associate

Bologna

r.spadafora@lascalaw.com

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