10.05.2024 Icon

L’azienda non è sede protetta per il lavoratore

La Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata sul tema della conciliazione sindacale e, in particolare, sulla tassatività del fatto che la stessa debba effettivamente svolgersi in una “sede protetta”.

Prima di addentrarci nell’esame della pronuncia di cui sopra, è bene riepilogare brevemente la disciplina attualmente vigente.

Com’è noto, nel nostro ordinamento vige una elevata tutela del lavoratore subordinato.

A dimostrazione di quanto sopra, l’art. 2113 c.c., al primo comma, statuisce, in linea generale, che non siano validi i patti con i quali il lavoratore rinunci o transiga sui suoi diritti che gli sono inderogabilmente riconosciuti dalla legge o dai contratti o accordi collettivi.

Affinché gli accordi di cui sopra siano validi è necessario che siano raggiunti durante una specifica conciliazione che, ai sensi dell’art. 410 e s.s. c.p.c., deve avvenire in “sede protetta” ossia presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro, le sedi sindacali oppure nei collegi di conciliazione e arbitrato.

Sempre nelle “sedi protette” sopra indicate, oppure avanti alle commissioni di certificazione, il legislatore ha previsto con l’art. 2103 c.c., sesto comma, che il lavoratore possa stipulare accordi individuali di modifica delle mansioni, della categoria legale e del livello di inquadramento e della relativa retribuzione.

Gli accordi di cui all’art. 2103 c.c., sesto comma, sono però inderogabilmente connessi ai seguenti obiettivi, in assenza dei quali gli stessi non sono validi:

  • conservazione della propria occupazione;
  • acquisizione una diversa professionalità;
  • miglioramento delle proprie condizioni di vita.

Tornando al caso oggetto di trattazione, il lavoratore nel 2016 aveva sottoscritto un verbale di conciliazione con il quale accettava la riduzione della retribuzione mensile del 20%, per un periodo di due anni, allo scopo di scongiurare il rischio di licenziamento.

La stipulazione dell’accordo, alla quale presenziava anche il rappresentante sindacale, avveniva però in azienda.

Per tale ragione, non ritenendo l’azienda una sede protetta, il lavoratore agiva giudizialmente al fine di ottenere la nullità dell’accordo.

Il Giudice di prime cure e, successivamente, la Corte d’Appello ritenevano fondate le pretese del lavoratore, rilevando la nullità del patto di riduzione di retribuzioni per non essere stato stipulato in sede protetta.

Il datore di lavoro proponeva ricorso in Cassazione avverso la sentenza di rigetto della Corte d’Appello, assumendo che per “sede sindacale” si debba intendere un luogo virtuale di protezione del lavoratore, che si realizza attraverso l’effettiva assistenza, in sede di conciliazione, da parte del rappresentante sindacale.

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha confermato le precedenti sentenze ed ha statuito quanto segue.

I Giudici di legittimità, rigettando il ricorso, hanno precisato che per le conciliazioni in sede sindacale siano inderogabili entrambi i requisiti dettati dal legislatore, ossia:

  • l’assistenza dei rappresentanti sindacali;
  • i luoghi selezionati dal legislatore.

Entrando nello specifico, la Corte ha spiegato le ragioni dell’inderogabilità dei predetti requisiti.

L’assistenza dei rappresentanti sindacali, che deve essere effettiva, ha lo scopo di porre il lavoratore nelle condizioni di sapere a quali diritti rinuncia ed in che modalità.

I luoghi tassativamente indicati dal legislatore, invece, sono collegati all’organo deputato alla conciliazione ed hanno la finità di assicurare al lavoratore un ambiente neutro, estraneo dal dominio e all’influenza della controparte datoriale.

Pertanto, ha statuito la Corte, la conciliazione in sede sindacale non può essere legittimamente conclusa presso l’azienda, in quanto, sebbene vi possa essere l’assistenza di un rappresentante sindacale, la sede del datore di lavoro non può essere ricompresa tra quei luoghi aventi il carattere di neutralità necessario ad assicurare la libera determinazione della volontà del lavoratore.

Autore Federico Bonato

Associate

Bologna

f.bonato@lascalaw.com

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