In attuazione di una direttiva europea, è stato emanato dal legislatore italiano il c.d. Decreto Whistleblowing (d. lgs. 24/2023), che riguarda la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione al fine di contrastare (e prevenire) fatti illeciti di diversa natura.
Le disposizioni del suddetto decreto, entrato in vigore il 30 marzo 2023, hanno iniziato ad avere efficacia il 15 luglio 2023 per le aziende più grandi (dai 250 dipendenti in poi), mentre per le aziende che occupano dai 50 e i 249 dipendenti, tale momento è stato posticipato al 17 dicembre prossimo.
Si avvicina, dunque, il giorno in cui anche le aziende più piccole dovranno uniformarsi alla nuova disciplina e, con il presente contributo, si intende fornire a queste ultime una panoramica essenziale delle maggiori innovazioni elaborata sulla base delle linee guida fornite dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC).
Innanzitutto, occorre chiarire l’ambito soggettivo della norma in esame.
Per persona segnalante, si intende la persona fisica che effettua la segnalazione di informazioni sulle violazioni acquisite nell’ambito del proprio contesto lavorativo.
Vi sono ricompresi, peraltro, tutti i soggetti che si trovino anche solo temporaneamente in rapporti lavorativi con una amministrazione o con un ente privato, pur non avendo la qualifica di dipendenti (come i lavoratori autonomi, i consulenti, i liberi professionisti, i volontari o i tirocinanti), gli assunti in periodo di prova, nonché coloro che ancora non hanno un rapporto giuridico con gli enti citati o il cui rapporto è cessato se, rispettivamente, le informazioni sulle violazioni sono state acquisite durante il processo di selezione o in altre fasi precontrattuali ovvero nel corso del rapporto di lavoro.
Quanto, invece, agli enti tenuti ad applicare la disciplina e a prevedere misure di tutela per il dipendente che segnala gli illeciti, la norma si riferisce sia a soggetti del “settore pubblico”, che a quelli del “settore privato”.
Un’importante novità del decreto è la previsione di una tutela specifica anche nei confronti di coloro i quali potrebbero essere destinatari di ritorsioni, intraprese anche indirettamente, in ragione del ruolo assunto nell’ambito del processo di segnalazione o del particolare rapporto che li lega al segnalante o denunciante (come, ad esempio, i colleghi di lavoro del segnalante, che con quest’ultimo hanno un rapporto abituale e corrente).
Per quanto riguarda l’ambito oggettivo, il decreto legislativo stabilisce che sono oggetto di segnalazione le informazioni sulle violazioni, compresi i fondati sospetti, di normative nazionali (illeciti penali, civili, amministrativi e contabili) e dell’Unione europea, che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’ente, commesse nell’ambito dell’organizzazione con cui il segnalante intrattiene uno dei rapporti giuridici qualificati considerati dal legislatore.
Il legislatore si è premurato di precisare anche ciò che non può essere oggetto di segnalazione.
Tra le esclusioni, si segnala, in particolare, che non possono essere oggetto di segnalazione ciò che riguarda le vertenze di lavoro e fasi precontenziose, discriminazioni tra colleghi, conflitti interpersonali tra la persona segnalante e un altro lavoratore o con i superiori gerarchici, segnalazioni relative a trattamenti di dati effettuati nel contesto del rapporto individuale di lavoro in assenza di lesioni dell’interesse pubblico o dell’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato.
Relativamente alle modalità di trasmissione delle segnalazioni, il decreto legislativo prevede quattro canali: i canali interni dell’ente; il canale esterno presso l’ANAC; la divulgazione pubblica e la denuncia all’autorità giudiziaria.
L’intento del legislatore è stato quello di incoraggiare le persone segnalanti a rivolgersi, innanzitutto, ai canali interni, posto che una più efficace prevenzione e accertamento delle violazioni passa attraverso l’acquisizione di informazioni pertinenti da parte dei soggetti più vicini all’origine delle violazioni stesse.
In merito ai canali interni, la nuova disciplina ha previsto che i soggetti del settore pubblico e del settore privato, sentite le rappresentanze o le organizzazioni sindacali per acquisire eventuali osservazioni, definiscano in un apposito atto organizzativo le procedure per il ricevimento delle segnalazioni e per la loro gestione, al fine di attivare al proprio interno appositi canali di segnalazione.
Nell’atto organizzativo, adottato dall’organo di indirizzo, è opportuno che almeno vengano definiti:
– il ruolo e i compiti dei soggetti che gestiscono le segnalazioni;
– le modalità e i termini di conservazione dei dati, appropriati e proporzionati in relazione alla procedura di whistleblowing e alle disposizioni di legge.
I canali di segnalazione interna devono garantire la riservatezza della persona segnalante, del facilitatore, della persona coinvolta o comunque dei soggetti menzionati nella segnalazione e del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione.
La segnalazione può essere fatta in forma scritta oppure oralmente e la gestione della segnalazione stessa deve essere affidata, alternativamente, a una persona interna all’amministrazione/ente, a un ufficio dell’amministrazione/ente con personale dedicato, anche se non in via esclusiva, ovvero a un soggetto esterno.
Chi gestisce le segnalazioni deve ricevere un’adeguata formazione professionale sulla disciplina del whistleblowing, anche con riferimento a casi concreti, ed è necessario che possieda il requisito dell’autonomia, che, ad avviso dell’ANAC, va declinato come imparzialità e indipendenza.
Pertanto, le amministrazioni/enti del settore pubblico e privato, nell’affidare tale incarico, devono valutare se il soggetto abbia le caratteristiche indispensabili per svolgere l’attività richiesta.
Inoltre, gli incaricati della gestione delle segnalazioni devono: rilasciare alla persona segnalante un avviso di ricevimento della segnalazione entro sette giorni dalla data di ricezione; mantenere le interlocuzioni con la persona segnalante; dare un corretto seguito alle segnalazioni ricevute e fornire un riscontro alla persona segnalante.
È importante chiarire che non spetta al soggetto preposto alla gestione della segnalazione accertare le responsabilità individuali, qualunque natura esse abbiano, né svolgere controlli di legittimità o di merito sull’oggetto della segnalazione, a pena di sconfinare nelle competenze dei soggetti a ciò preposti all’interno di ogni ente o amministrazione ovvero della magistratura.
Dunque, il riscontro, da effettuare entro il termine di tre mesi, può consistere nella comunicazione dell’archiviazione, nell’avvio di un’inchiesta interna ed eventualmente nelle relative risultanze, nei provvedimenti adottati per affrontare la questione sollevata oppure nel rinvio a un’autorità competente per ulteriori indagini.
Quella che precede è una breve carrellata delle principali novità introdotte dal Decreto Whistleblowing; sarebbero, infatti, molti altri gli aspetti che meriterebbero un approfondimento specifico.
Per concludere, si può affermare che il nuovo impianto normativo predisposto dal legislatore, qualora correttamente applicato, potrà rappresentare di certo un utile strumento per contrastare e prevenire la corruzione e la cattiva amministrazione sia nel settore pubblico che in quello privato.