Il legislatore italiano, con la Legge di Bilancio 2023 (art.1, commi 126-147 della Legge 207/2022), ha fornito indicazioni specifiche riguardanti il trattamento fiscale applicabile alle criptovalute e alle ulteriori categorie ricomprese nella più ampia definizione di cripto-attività.
L’ingente incremento del volume di transazioni nel settore delle cripto-attività, ossia delle «rappresentazioni digitali di valori o diritti che possono essere trasferiti e memorizzati elettronicamente, utilizzando la tecnologia di registro distribuito o una tecnologia analoga», come definite all’art. 3 del Regolamento MiCA (EU Markets in Crypto-Assets), ha portato ad interrogarsi su quali norme giuridiche dovessero essere applicate a tali operazioni.
Il problema si è posto anche in materia fiscale. Infatti, dalle cripto-attività derivano fenomeni reddituali e manifestazioni di capacità contributiva per le quali non era ancora stato specificatamente individuato, in via normativa, il regime fiscale applicabile.
Una prima disposizione era stata individuata nella risoluzione n. 72/E del 2016, in cui l’Agenzia delle Entrate chiariva che alle operazioni aventi ad oggetto le valute virtuali dovessero essere applicate le disposizioni fiscali vigenti in materia di valute estere (art. 135, par. 1, lett. e, della direttiva 2006/112/CE).
Essendo una previsione creata ad hoc per le valute virtuali (in quanto a quel tempo i profili problematici erano sorti solo in capo a queste ultime) è stata attuata una continua attività interpretativa dall’Amministrazione finanziaria rispetto all’applicazione di norme tributarie alle altre tipologie di cripto-attività sulle quali sussistevano obiettive condizioni di incertezza. Tra queste interpretazione si segnalano le risposte agli interpelli del 28 settembre 2018 n.14 e 20 aprile 2020 n.110, in relazione a utility token.
Ad ogni modo, i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate non erano riusciti a colmare i numerosi dubbi interpretativi generati in assenza di una norma specifica dedicata al fenomeno.
Contemporaneamente, nel 2020 la Commissione europea pubblicava un pacchetto di misure in materia di finanza digitale. Tra queste, uno specifico regolamento da applicare alle cripto-attività: il MiCA.
Il Regolamento MiCA, pubblicato nel giugno 2023, costituisce un regolamento che tra i primi nel contesto globale mira a predisporre un quadro normativa applicabile alle varie tipologie di cripto-attività presenti sul mercato e ai servizi che hanno ad oggetto tale tipologia di prodotti.
Conseguentemente, il legislatore nazionale, con le previsioni contenute nella Legge di Bilancio 2023, ha previsto un’apposita disciplina fiscale applicabile a decorrere dal 1° gennaio 2023 per la tassazione di tutte le tipologie di reddito derivanti dal possesso di cripto-attività, introducendo una nuova categoria reddituale tra i redditi “diversi”.
Tale compito è stato assolto attraverso la nuova lettera c-sexies) del comma 1 dell’art. 67 del Tuir (Testo unico imposte sui redditi) che chiaramente definisce le cripto-attività come: «una rappresentazione digitale di valore o di diritti che possono essere trasferiti e memorizzati elettronicamente, utilizzando la tecnologia a registro distribuito o una tecnologia analoga». Risulta importante sottolineare che questa definizione ricalca in toto quella contenuta nel nuovo Regolamento MiCA.
Alcuni profili dubitativi sono emersi tra gli addetti del settore in relazione all’inclusione delle valute virtuali all’interno dell’ambito di applicazione del MiCA. Semmai si aderisse all’ipotesi che le criptovalute sono effettivamente escluse dalla MiCA ne conseguirebbe la disapplicazione anche della normativa fiscale della lettera c-sexies) del comma 1 dell’art. 67 del Tuir, in quanto le definizioni di cripto-attività sono congruenti.
Pertanto, sono comprese nella definizione di cripto-attività quelle rappresentazioni digitali di valore o di diritti che non sono suscettibili di rientrare nella nozione di strumento finanziario (in quanto gli strumenti finanziari sono esclusi dal MiCA).
In particolare, rientrano in tale categoria reddituale i proventi e le plusvalenze derivanti dalle seguenti operazioni:
- Utilizzo di una cripto-attività per l’acquisto di un bene o un servizio (c.d. utility token);
- Utilizzo di una valuta virtuale per l’acquisto di un NFT;
- Conversione di una valuta virtuale in Euro o in altre valute FIAT;
- Cessione di NFT già “emessi”.
Al contrario, non sono compresi nell’ambito di applicazione della lettera c-sexies) del comma 1 del citato articolo 67 del Tuir, i redditi derivanti dai cc.dd. investment token (o security token) che corrispondano ad uno strumento finanziario previsto dalla MiFID II. Infatti, tali token devono essere considerati a tutti gli effetti strumenti finanziari, indipendentemente dalla circostanza che siano o meno rappresentati digitalmente.
In conclusione, tra le attività regolate dalla nuova normativa si computano le classiche valute virtuali, le stablecoin, i non fungible token (NFT) e gli utility token, nella misura in cui queste attività siano emesse, trasferite, registrate e archiviate attraverso l’utilizzo della tecnologia blockchain.