Il tema della tutela delle opere generate con l’intelligenza artificiale pone delicate questioni, tra cui la verifica a monte del lecito impiego dei contenuti protetti per il cosiddetto addestramento degli algoritmi e la difficile prova della sussistenza dell’apporto creativo umano.
Negli ultimi mesi si sta discutendo della tutelabilità delle opere generate con l’intelligenza artificiale, anche in relazione al difficile rapporto tra quest’ultima e il diritto d’autore.
Nell’ambito di questa rubrica, abbiamo già evidenziato che tale tutela presuppone la verifica che i contenuti protetti dal diritto d’autore e dai diritti connessi coinvolti nel cosiddetto addestramento degli algoritmi siano stati utilizzati lecitamente.
Si tratta di una questione molto complessa, anche a fronte dei numerosi contenziosi sorti al riguardo, nell’ambito dei quali le società che hanno sviluppato intelligenze artificiali sono accusate di aver utilizzato contenuti protetti per sviluppare i propri modelli, in violazione delle leggi sul copyright.
E come si può pretendere la protezione con il diritto d’autore di opere generate mediante strumenti allenati illecitamente mediante contenuti protetti?
Ancora, il disegno di legge italiano sull’intelligenza artificiale si propone di aggiungere, tra le opere protette, quelle create con l’ausilio di strumenti di AI, purché il contributo umano sia creativo, rilevante e dimostrabile.
E si tratta, anche in questo caso, di un tema caratterizzato da una particolare complessità, dimostrata anche dalle battaglie legali avviate da coloro che rivendicano la paternità di un’opera generata con l’utilizzo dell’intelligenza artificiale.
Ci siamo già occupati, ad esempio, di un caso deciso dal Tribunale Internet di Pechino, che ha riconosciuto ad un’immagine creata con l’utilizzo dell’AI il valore di opera protetta, a fronte delle idee del ricorrente nell’organizzazione dei parametri di riferimento. Così come di un caso deciso in senso opposto dal Tribunale di Praga, a fronte della mancata prova della creatività impiegata per ottenere l’immagine desiderata.
Da ultimo citiamo la battaglia legale avviata da Jason Allen che, dopo aver vinto un concorso d’arte negli Stati Uniti grazie ad un quadro creato utilizzando un software di AI e dopo aver ricevuto il diniego della proteggibilità dell’opera, sta cercando di dimostrare in giudizio di aver avuto un ruolo rilevante e creativo nella realizzazione del quadro.
Ma come si può in questi casi validamente dimostrare il necessario apporto creativo umano?
Ci si chiede, infatti, a quali parametri si debba fare riferimento.
Se, ad esempio, all’organizzazione degli input forniti o ai tentativi effettuati o, ancora, al tempo impiegato per la realizzazione.
La questione assume evidentemente una grande importanza e dovrà essere attentamente indagata.
Tanto più se si considera che, in mancanza di protezione, queste opere sono in astratto utilizzabili e sfruttabili commercialmente da chiunque.