La nuova Direttiva sul diritto d’autore è stata finalmente adottata dal Parlamento Europeo dopo ben quattro anni di discussioni. Ad oggi manca soltanto il via libera da parte del Consiglio europeo affinché sia ufficialmente approvata.
Il testo originale era stato formulato dalla Commissione Europea nel 2016, con l’obiettivo di creare il fondamento del cosiddetto “mercato unico digitale”. Nei tre anni successivi si sono, poi, assecondati numerosi emendamenti che hanno infine portato alla votazione favorevole della settimana scorsa.
Scopo della direttiva
La Direttiva mira principalmente ad adeguare e completare l’attuale quadro normativo dell’Unione in tema di diritto d’autore, alla luce del continuo evolversi del mercato digitale. Lo scopo principale è quindi quello di regolamentare in particolare taluni utilizzi, anche transfrontalieri, di opere e altri materiali coperti da diritto d’autore in ambiente digitale, sia dal lato dei titolari dei diritti che da quello degli utilizzatori.
L’approvazione del testo, nella sua versione definitiva, è considerata una vittoria per l’editoria europea e per i professionisti quali autori, interpreti, giornalisti, editori, produttori di film e musicali, e quindi per tutto il settore creativo in genere.
Dall’altro lato, nella schiera degli sconfitti si annoverano i “big tech” della Silicon Valley ovvero Google, Facebook, Youtube, Apple e Microsoft, ma anche gli aggregatori di notizie o i servizi di monitoraggio dei media quali Dailymotion, e più in generale gli internet service provider quali Vimeo o Yahoo, per citarne alcuni.
Nello scorso anno i giganti del web hanno promosso una massiccia campagna mediatica da oltreoceano per ostacolare l’adozione della direttiva, che è poi dilagata anche nel vecchio continente. Movimenti no-copyright hanno esercitato forti pressioni, sfociate talvolta in aggressive campagne di fake news su Internet e addirittura in minacce di morte recapitate ad alcuni deputati di Strasburgo.
Disposizioni controverse
Andando ad analizzare il contenuto della normativa, gli articoli più controversi e su cui si è concentrata gran parte della discussione – e dell’attenzione mediatica – sono l’11, che riconosce un giusto compenso ad editori e giornalisti quando le piattaforme online utilizzano i loro contenuti, e il 13, che riguarda il diritto d’autore per video e musica. Sin dall’inizio, queste disposizioni sono state erroneamente additate come minacce alla libertà di espressione e alla libera iniziativa economica.
Ad oggi, nella versione emendata dal Parlamento, l’articolo 11 è diventato il 15 e l’articolo 13 è diventato il 17. L’articolo 15 (ex 11) riporta “gli Stati membri provvedono affinché gli autori delle opere incluse in una pubblicazione di carattere giornalistico ricevano una quota adeguata dei proventi percepiti dagli editori per l’utilizzo delle loro pubblicazioni di carattere giornalistico da parte dei prestatori di servizi della società dell’informazione”.
La Direttiva qui istituisce un obbligo a carico delle piattaforme digitali di negoziare accordi di licenza con gli editori, che verranno così pagati per i contenuti concessi agli aggregatori. Gli editori, a loro volta, dovranno pagare un equo compenso a chi ha creato i contenuti che la Rete diffonde.
In altre parole, questa disposizione garantisce un’equa remunerazione agli autori dei contenuti caricati online da piattaforme come Google News o simili.
L’articolo 17 (ex 13) prevede, invece, che “un prestatore di servizi di condivisione di contenuti online deve ottenere un’autorizzazione dai titolari dei diritti […], ad esempio mediante la conclusione di un accordo di licenza, al fine di comunicare al pubblico o rendere disponibili al pubblico opere o altri materiali”.
Da oggi, pertanto, gli internet service provider dovranno assicurarsi di ottenere l’autorizzazione da parte dell’autore per la condivisione dei contenuti.
Nel caso in cui invece un autore, o editore per suo conto, decidesse di non mettere a disposizione i propri contenuti, nemmeno a fronte di compenso, le piattaforme dovranno bloccarne la diffusione. Lo stesso dovrà avvenire qualora venga riscontrata a posteriori la pubblicazione di un contenuto coperto da copyright.
Queste procedure di verifica e controllo non possono certo dirsi nuove per le piattaforme digitali; si vedano ad esempio i controlli attualmente operati da Youtube per la condivisione dei video.
Eccezioni
L’ambito di applicazione della previsione è poi stato ridotto a seguito delle varie proteste ricevute dal testo originale. La norma nella sua versione aggiornata si rivolge, infatti, solo alle aziende di grossa dimensione, escludendo la responsabilità di società con fatturato inferiore ai 10 milioni o meno di tre anni di attività alle spalle.
Un’ulteriore rilevante restrizione è stata inserita in favore di Wikipedia, che aveva sostenuto la protesta dei giganti della Silicon Valley, oscurando addirittura le sue pagine durante la scorsa settimana. Il testo di nuovo conio specifica infatti che non saranno interessati della Direttiva le enciclopedie online senza scopo di lucro (come appunto Wikipedia), i repertori didattici o scientifici senza scopo di lucro, le piattaforme di sviluppo e condivisione di software open source (come GitHub) e i servizi cloud che consentono agli utenti di caricare contenuti per uso personale.
Conclusioni
In conclusione, si può dire che contrariamente a quanto proclamato dai contrari, la nuova normativa garantisce la massima libertà di espressione online, aggiungendo anzi tutela giuridica ad alcune forme di utilizzo delle opere dell’ingegno. Allo stesso tempo rende più efficace il contrasto alle utilizzazioni improprie di tali opere e consente a chi crea contenuti di riappropriarsi di parte del valore economico del proprio lavoro fino ad oggi sottrattogli dalle grandi piattaforme.
Pagare i creativi non è certo una forma di censura. Al contrario la direttiva dà a questi il potere di organizzarsi e negoziare con i giganti del web, contrastando così il monopolio sull’informazione detenuto ad oggi dai grandi gruppi, che filtrano quasi tutta la comunicazione globale.
Francesca Leoni – f.leoni@lascalaw.com
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