02.05.2024 Icon

Scelte gestorie dell’amministratore: sindacabili, ma non troppo…

In tema di responsabilità dell’amministratore di una società di capitali, sussiste un generale principio di insindacabilità del merito delle scelte di gestione (cd. business judgment rule), nel limite della ragionevolezza delle stesse, sulla base di un giudizio da compiersi secondo i parametri della diligenza del mandatario.

Il principio è stato ribadito anche dal Tribunale di Torino, con la sentenza n. 2650/2023, con la quale è stato condannato l’amministratore di una s.r.l. a risarcire il danno cagionato a quest’ultima durante il suo mandato, a seguito del compimento di innumerevoli atti di cd. mala gestio. L’amministratore, infatti, aveva violato più volte la normativa fiscale e contributiva e – secondo la ricostruzione attorea – aveva concluso alcuni contratti “a condizioni economicamente insostenibili”, che avevano determinato gravi perdite per la società, sfociate nella messa in liquidazione della stessa. 

Preliminarmente, va precisato che la nomina di un soggetto ad amministratore di una società di capitali si perfeziona con l’accettazione della nomina da parte del soggetto designato e soggiace alla disciplina prevista per il contratto di mandato, con la conseguenza che l’amministratore sarà tenuto a adempiere gli obblighi connessi alla carica e a svolgere le funzioni gestorie con la diligenza professionale richiesta dalla natura dell’incarico.

Da un punto di vista processuale, dunque, l’azione di responsabilità promossa da una società di capitali contro il suo amministratore ha natura contrattuale ed è, pertanto, onere della società attrice provare la sussistenza delle violazioni contestate nonché il nesso di causalità tra queste e il danno verificatosi, mentre incombe sull’amministratore convenuto l’onere di dimostrare la non imputabilità del fatto dannoso alla sua condotta, fornendo la prova di aver osservato i doveri ed adempiuto gli obblighi su di lui incombenti.

Nel caso in esame, il Tribunale ha accolto la prima richiesta risarcitoria, accertando la violazione da parte dell’amministratore della normativa fiscale e contributiva, ma ha rigettato la seconda richiesta, relativa alle scelte di gestione poste in essere da detto amministratore.

In merito alla prima contestazione, dalla documentazione prodotta dalle parti nel corso del giudizio, è apparsa evidente la violazione da parte dell’amministratore di innumerevoli norme, con conseguente responsabilità di quest’ultimo nei confronti della società, dal momento che, come precisato dal Tribunale, “l’attività di amministratore implica non soltanto un incarico gestionale ma altresì l’obbligo diretto di osservare le norme di legge e di statuto”, l’inosservanza delle quali può certamente essere fonte di responsabilità dell’amministratore.

Irrilevante è, peraltro, la circostanza invocata dall’amministratore-convenuto di aver agito di concerto con il socio di maggioranza e, sul punto, il Tribunale ha precisato che, in ragione degli obblighi incombenti su un amministratore, la responsabilità di quest’ultimo non può essere evitata invocando la circostanza di “aver ricevuto direttive da terzi” non escludendo, dunque, “la responsabilità per mala gestio l’aver assunto l’incarico in forza di un rapporto di lavoro stipulato con la socia di maggioranza” né l’aver concordato determinate decisioni con detto socio di maggioranza.

Se la responsabilità per la violazione della normativa fiscale e contributiva è risultata di agevole soluzione, altrettanto non può dirsi per quella relativa alla conclusione di contratti a condizioni ritenute dall’attrice “economicamente insostenibili”, tant’è che il Tribunale ha rigettato detta richiesta ritenendo che “non [fosse] stata raggiunta la prova che il convenuto abbia effettuato scelte gestionali al di fuori dei limiti di ragionevolezza”. Pertanto, non poteva essere addebitata all’amministratore alcuna responsabilità in virtù del principio della cd. business judgment rule, secondo il quale le scelte gestorie di un amministratore sono insindacabili, salvo il caso in cui venga dimostrato che esse sono state “palesemente avventate o negligenti” e, dunque, attuate “al di fuori dei limiti della ragionevolezza”. Nel compimento di un atto discrezionale di gestione, pertanto, anche laddove questo – come nel caso in commento – abbia provocato una perdita per la società, l’amministratore non incorre in responsabilità per mala gestio e risponde solamente del danno causato alla società per violazione degli obblighi di diligenza cui era tenuto.

Autore Matteo Rebecchi

Associate

Bologna

m.rebecchi@lascalaw.com

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