La società che intende proporre un’azione di responsabilità nei confronti dei suoi sindaci ha l’onere di allegare specificamente i singoli inadempimenti qualificati loro contestati.
Il principio è stato sostenuto dal Tribunale di Firenze, con la sentenza n. 2628 del 18 settembre 2023, con la quale ha rigettato le domande risarcitorie e restitutorie promosse dalla società attrice nei confronti del convenuto collegio sindacale.
Nello specifico, l’attrice chiedeva l’accertamento dell’inadempimento da parte dei membri del collegio sindacale degli obblighi di vigilanza e controllo gravanti su di essi in forza della loro accettazione dell’incarico e, conseguentemente, chiedeva la loro condanna alla restituzione degli emolumenti già percepiti negli anni precedenti nonché l’accertamento del suo diritto a non corrispondere quelli ancora dovuti.
Chiamato ad accertare la sussistenza del “fatto generatore” della richiesta – ossia l’inadempimento dei sindaci ai loro doveri – il Tribunale precisava, innanzitutto, che l’obbligazione che i sindaci assumono con l’accettazione dell’incarico debba essere qualificata come obbligazione di mezzi.
Conseguentemente, il Tribunale riteneva che “al cospetto dell’allegazione non già dell’inadempimento rispetto ad un individuato dovere previsto dalla legge o dallo Statuto, bensì, più ampiamente, della violazione di un’obbligazione c.d. «di mezzi» – qual è quella dei sindaci – l’onere di allegazione dell’inadempimento dovrà sostanziarsi nella specifica indicazione dei singoli inadempimenti c.d. «qualificati» intesi come astrattamente idonei a ingenerare il danno in concreto lamentato”. Se così non fosse, il sindaco convenuto si troverebbe a dover dimostrare di aver adempiuto “tutti i possibili doveri sullo stesso potenzialmente gravanti”, sostanziandosi ciò in quella che viene comunemente detta “diabolica probatio”, ovvero nella probabile impossibilità di dimostrare l’esatto adempimento.
Più nello specifico, il Tribunale osservava che la configurabilità dell’inosservanza del dovere di vigilanza che incombe sui sindaci ai sensi dell’art. 2407, 2° comma, c.c. “non richiede l’individuazione di specifici comportamenti che si pongano espressamente in contrasto con tale dovere, ma occorre comunque che essi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o comunque non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, così da non assolvere l’incarico con diligenza, correttezza e buona fede”. Una siffatta inerzia del collegio sindacale sarebbe, infatti, sintomatica di un’omessa vigilanza da parte dei suoi componenti, che implicherebbe una violazione dei doveri incombenti su detto organo di controllo.
La fattispecie di cui all’art. 2407 c.c. richiede, quindi, che colui che agisca nei confronti dei sindaci provi la loro specifica inerzia rispetto al dovere di controllo, l’evento dannoso ed il relativo rapporto di causalità, dal momento che l’omessa vigilanza rileverebbe solamente qualora possa ragionevolmente ritenersi che una diligente sorveglianza avrebbe consentito di evitare o limitare il pregiudizio.
In conclusione, in tema di responsabilità degli organi sociali – e, nel caso specifico, del collegio sindacale – si evince un chiaro regime derogatorio della norma generale, secondo la quale il creditore che agisce in giudizio asserendo qualsivoglia pretesa ha solamente l’onere di provare il titolo su cui si basa la pretesa azionata ed allegare l’altrui inadempimento, dando prova del danno subito e del nesso causale con l’inadempimento, in caso di richiesta risarcitoria.
Applicando i suddetti principi al caso in commento, il Tribunale rilevava come l’attrice avesse prodotto solo un’elencazione di tutti gli obblighi di controllo gravanti sui sindaci in forza del mandato loro conferito, senza, tuttavia, allegare alcun inadempimento qualificato imputabile agli stessi. Conseguentemente rigettava la domanda risarcitoria e condannava la società al pagamento, in favore dei sindaci, degli emolumenti indebitamente trattenuti.