Il socio di una società a responsabilità limitata che abbia dato in pegno la propria quota conserva il diritto a impugnare la delibera assembleare nella quale abbia votato, in sua vece, il creditore pignoratizio, posto che il socio la cui quota sia stata oggetto di pegno perde il diritto di voto in assemblea, mantenendo, salva diversa pattuizione, tutti gli altri diritti amministrativi connessi alla relativa qualità.
Il principio è stato espresso dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 16047 dello scorso 10 giugno 2024, tramite la quale la Corte si è pronunciata, tra le altre, sul tema della legittimazione del socio che abbia concesso in pegno la sua quota sociale ad impugnare una delibera assembleare nella quale il voto sia stato espresso dal creditore pignoratizio.
Nel caso in commento, accogliendo la tesi prospettata dal socio ricorrente, la Corte ha dichiarato perfettamente valido ed ammissibile il voto espresso dal creditore pignoratizio anziché dal socio, ritenendo che “il deliberato assemblare, il cui voto sia stato espresso dal creditore pignoratizio in luogo del socio, vincola anche quest’ultimo ove si consolidi per effetto della mancata impugnazione”.
La Corte ha, dunque, rilevato che il socio la cui quota sia stata ceduta in pegno perde il diritto di esprimere il voto in assemblea, ma “conserva il diritto a impugnare la deliberazione assembleare cui abbia partecipato il creditore pignoratizio” dal momento che la sua posizione “è equiparabile a quella dei soci assenti o dissenzienti”. Conseguentemente, in difetto di un “espresso conferimento del potere di rappresentanza”, il creditore pignoratizio può partecipare all’assemblea ed esprimere il voto in luogo del socio la cui quota è oggetto di pegno, restando inteso, tuttavia, che il voto espresso dal creditore pignoratizio non potrà ritenersi automaticamente vincolante per il socio, il quale conserverà pur sempre il diritto di impugnare la delibera assemblea nel rispetto dei termini di legge.
La Corte ha ritenuto, infatti, che in mancanza del conferimento del potere di rappresentanza, il creditore pignoratizio sarà legittimato a partecipare all’assemblea dei soci e a votare, sebbene tale “sostituzione” non sia tale da “privare il socio del diritto di contestare la validità dell’assemblea”, poiché il voto espresso dal creditore pignoratizio non potrà di certo precludere al socio “l’esercizio dei poteri amministrativi a esso spettanti in dipendenza della propria qualità di socio”.
Tale principio, conclude la Corte, può evincersi dalla lettura del combinato disposto degli artt. 2471-bis e 2352 c.c. – che disciplinano rispettivamente il pegno sulle partecipazioni e sulle azioni – ai sensi dai quali “il socio, la cui quota sia stata oggetto di pegno, perde il diritto di voto in assemblea, ma conserva, in difetto di diversa pattuizione, tutti gli altri diritti amministrativi connessi alla relativa qualità, ivi compreso quello di impugnazione delle deliberazioni contrarie alla legge o all’atto costitutivo”.