La possibilità di trasferire un ramo d’azienda è subordinata alla circostanza che questo sia dotato di una propria autonomia organizzativa ed economica funzionalizzata allo svolgimento di un’attività volta alla produzione di beni o di servizi.
Questo principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione, con la recente ordinanza del 30 aprile 2024, n. 11528, che ha rigettato il ricorso di alcuni dipendenti contro due società, i quali contestavano la legittimità della cessione dell’unità produttiva presso la quale erano impiegati.
I ricorrenti sostenevano che l’autonomia del punto venditarispetto alla sede centrale fosse assente e, dunque, che non fossero stati rispettati i criteri di autonomia necessari per configurare un trasferimento di ramo d’azienda ai sensi dell’art. 2112 c.c., essendo attribuibili la gestione e la direzione delle attività alla sede centrale e non all’unità ceduta, viste le importanti “ingerenze” dal punto di vista gestorio della sede principale su quest’ultima.
Tuttavia, come emerso nel precedente grado di merito, l’unità in questione, pur attenendosi ad un modello organizzativo imposto dalla catena dei vari punti vendita, veniva accertato come fosse, in realtà, dotata di una struttura organizzativa e gestionale che le permetteva di operare autonomamente; pertanto, in ragione di ciò, la Cassazione, nel rigettare il ricorso, ha ribadito il principio in base al quale, la cessione del ramo d’azienda si configura laddove abbia ad oggetto quel “complesso di beni che oggettivamente si present[ano] quale entità dotata di una propria autonomia organizzativa ed economica funzionalizzata allo svolgimento di un’attività volta alla produzione di beni o servizi”.
In particolare, la Corte ha evidenziato che, ai fini del trasferimento del ramo d’azienda, rappresenti un elemento costitutivo della cessione proprio l’“autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la capacità di questo, già al momento dello scorporo dal complesso cedente, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi funzionali ed organizzativi e quindi di svolgere” – senza specifiche integrazioni da parte del cessionario ed in modo autonomo rispetto al cedente – “il servizio o funzione cui risultava finalizzato nell’ambito dell’impresa cedente al momento della cessione”.
In questa logica, la Corte, rispetto alle menzionate “ingerenze” da parte della cedente, ha ritenuto che fossero unicamente di tipo commerciale ed inidonee a compromettere l’autonomia gestionale ed organizzativa dell’unità produttiva. Quest’ultima, infatti, nonostante il trasferimento, aveva conservato una propria autonomia ed una propria identità – intesa come l’“insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un’attività economica, sia essa essenziale o accessoria” – tali da consentirle di operare autonomamente.