In caso di comproprietà di partecipazioni in società di capitali, l’impugnazione di una delibera assembleare può essere proposta esclusivamente dal rappresentante comune nominato dai comproprietari e non anche dai comproprietari stessi.
Il principio è stato confermato dal Tribunale di Roma, con la sentenza n. 13350/2023, per mezzo della quale è stata rigettata l’impugnazione di una delibera assembleare promossa da alcuni eredi mortis causa del presunto socio di maggioranza della società convenuta.
In realtà, nel corso del giudizio, veniva accertato che gli attori non fossero “direttamente” eredi del socio di maggioranza, essendo quest’ultimo una società lussemburghese, le cui partecipazioni di maggioranza erano, queste sì, detenute dal de cuius, padre degli attori. Pertanto, la successione avrebbe tutt’al più potuto ricomprendere le azioni detenute dal de cuius nella società lussemburghese e non – come invece sostenuto dagli attori – la quota della società convenuta in giudizio che era detenuta dal socio lussemburghese.
In ragione di ciò, il Tribunale di Roma rigettava la domanda attorea mancando la “prova della legittimazione attiva delle parti attrici che non [avevano] provato di aver ereditato pro quota la partecipazione in capo” alla società lussemburghese, non essendo stato dimostrato l’effettivo possesso in capo agli attori delle azioni (al portatore) della società lussemburghese né, tanto meno, che dette azioni facessero effettivamente parte dell’asset ereditario al momento dell’apertura della successione.
Il Tribunale coglieva, comunque, l’occasione per passare brevemente in rassegna il tema della legittimazione ad impugnare una delibera assembleare, adottata da una società a responsabilità limitata, nel caso in cui una partecipazione sia detenuta in comproprietà tra più soggetti.
Sul punto, essendo la società convenuta una società a responsabilità limitata, il Tribunale richiamava la previsione di cui all’art. 2468 c.c., avente tenore pressoché analogo a quella dettata dall’art. 2347 c.c. in tema di società per azioni, e ribadiva che “ogni posizione attiva dei diritti dei comproprietari e, quindi, la legittimazione ad impugnare, debba fare esclusivamente capo al rappresentante comune da nominare a maggioranza” semplice, calcolata sulla base del valore delle quote dei singoli partecipanti, in virtù dell’espresso richiamo agli artt. 1105 e 1106 c.c. dettati in tema di comunione.
Ciò considerato, il rappresentante comune è da ritenersi l’unico soggetto legittimato ad “esercitare i diritti che ineriscono alla quota” e, come tali, ai suoi comproprietari, essendo questi ultimi carenti del potere di impugnare così come del potere di esercitare il diritto d’intervento e di voto in assemblea, sebbene, secondo una parte della giurisprudenza di merito, ciò non escluderebbe il diritto del singolo comproprietario di una partecipazione sociale ad esercitare quei diritti la cui realizzazione non presuppone una determinazione di volontà unitaria.