14.11.2024 Icon

Il dolo del venditore nel contratto di cessione di quote

In materia di cessione di partecipazioni sociali, le carenze o i vizi relativi alle caratteristiche e al valore dei beni ricompresi nel patrimonio di una società – e, di riverbero, alla consistenza economica della partecipazione stessa – possono giustificare l’annullamento del contratto nel caso di dolo di un contraente a danno dell’altro.

Questo principio è stato confermato dal Tribunale di Torino, Sezione Impresa, con una sentenza emessa lo scorso 31 maggio 2024 al termine di un giudizio introdotto per l’annullamento di un contratto di compravendita di quote sociali, sulla base del presupposto che il venditore avesse falsamente rappresentato all’acquirente la situazione economica della società ceduta (c.d. target).

Chiamato ad accertare la sussistenza dei presupposti invocati dall’attrice, in primis, il Tribunale ricordava che il dolo, quale vizio del consenso, può essere causa di annullamento di un contratto quando abbia inciso sul “processo formativo del consenso, dando origine ad una falsa o distorta rappresentazione della realtà” all’esito della quale un contraente sia stato determinato a concludere detto contratto. Inoltre, il contraente che invochi l’invalidità del contratto concluso per “errore frutto di dolo” ha l’onere di provare che “la volontà negoziale sia stata manifestata in presenza od in circostanza di questa falsa rappresentazione” della realtà, provocata dolosamente dall’altro contraente.

Detto principio generale è, certamente, applicabile anche ai contratti di cessione di quote sociali, nei quali, aderendo all’ormai granitico orientamento della giurisprudenza di legittimità, l’oggetto immediato è costituito dalle partecipazioni stesse, mentre l’oggetto mediato dalla porzione del patrimonio sociale da queste rappresentato.

Ciò considerato, il Tribunale rilevava che la presenza di carenze e/o vizi relativi alle caratteristiche e/o al valore dei beni facenti parte del patrimonio sociale ben può giustificare l’annullamento del contratto per errore, a condizione che il cedente abbia fornito specifiche garanzie contrattuali al riguardo o nel caso di dolo dello stesso cedente “quando il mendacio o le omissioni sulla situazione patrimoniale della società siano accompagnate da malizie ed astuzie volte a realizzare l’inganno ed idonee, in concreto, a sorprendere una persona di normale diligenza”.

Per quanto qui di interesse, è poi indubbio che il dolo contrattuale possa manifestarsi anche in forma omissiva, quando vengano nascoste alla controparte contrattuale circostanze che sarebbero state decisive per la sua manifestazione del consenso. Tuttavia, come già precisato, spetta a colui che chieda l’annullamento del contratto l’onere di provare “l’esistenza di artifizi e raggiri ed il formarsi di una conseguente falsa rappresentazione della realtà”.

Nel giudizio in commento, dalla CTU esperita in corso di causa, non emergevano elementi tali da integrare ipotesi di dolo del cedente a danno dell’acquirente, posto che quest’ultima era a conoscenza – o avrebbe quantomeno dovuto esserlo sulla base della documentazione in suo possesso – delle situazioni economiche nelle quali versava la società target.

Nello specifico, il Tribunale riteneva che dall’istruttoria non fosse emersa alcuna “condotta ingannevole del promittente venditore tale da costituire dolo e che l’attrice non fece propria una falsa o distorta rappresentazione della realtà all’esito della quale si sia determinato a stipulare ed a pattuire un determinato prezzo”.  In virtù di ciò, in mancanza della prova del dolo della venditrice, il Tribunale respingeva la domanda di annullamento, in quanto infondata.

Autore Matteo Rebecchi

Associate

Bologna

m.rebecchi@lascalaw.com

Desideri approfondire il tema Corporate ?

Contattaci subito