La clausola statutaria che prevede il divieto per i componenti degli organi sociali di ricoprire contemporaneamente altre cariche nella società, o in società partecipate e/o controllate, e che l’inosservanza di tale preclusione costituisca causa di decadenza immediata, comporta che la cessazione dalla funzione si determini automaticamente nel momento stesso in cui si verifichi il cumulo da parte dello stesso soggetto della pluralità di cariche.
Il principio è stato espresso dalla Sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale di Milano, con la sentenza dello scorso 5 dicembre 2023, pronunciata al termine di un giudizio avente ad oggetto l’impugnazione di una delibera del consiglio di amministrazione della società convenuta, mediante la quale era stata disposta la revoca degli amministratori-attori, in applicazione di una norma del regolamento attuativo dello statuto. Norma che prevedeva, infatti, il divieto del cumulo di cariche sociali all’interno della società, o delle sue controllate e/o partecipate, con la conseguenza che, coloro che si fossero trovati in detta situazione (come gli amministratori-attori), sarebbero automaticamente ed immediatamente decaduti “da ogni carica o incarico societario”.
Chiarita la portata della norma controversa, occorre precisare che la suddetta norma era stata introdotta con la delibera dell’assemblea dei soci che aveva eletto proprio gli attori come membri del consiglio di amministrazione della società e che questi ultimi, al momento della nomina, già rivestivano cariche consiliari in una controllata.
Ciò premesso, il Tribunale, chiamato a pronunciarsi sull’efficacia di decadenza retroattiva della suddetta norma regolamentare, in virtù del tenore letterale della stessa, evidenziava che questa “associa[va] chiaramente la sanzione della «decadenza immediata» all’inosservanza del divieto”, a prescindere dalla natura dell’impedimento a ricoprire tale carica sociale. In altri termini, dunque, era stato deciso – per volontà dei soci – che l’inosservanza del suddetto divieto avrebbe comportato la decadenza immediata dalla carica, da intendersi come la cessazione dalla funzione che “si determina automaticamente nel momento stesso in cui si verifica il presupposto del cumulo da parte di uno stesso soggetto di una pluralità di cariche”.
Il Tribunale proseguiva ritenendo irrilevante la “successiva rimozione della causa di incompatibilità” che aveva determinato tale decadenza dalla carica, con la conseguenza che “a fronte dell’intervenuta decadenza, la rimozione della causa di incompatibilità potrebbe valere a rendere il soggetto rieleggibile dall’assemblea dei soci, ma non a reintegrarlo nelle funzioni amministrative irreversibilmente cessate”.
Infatti, come correttamente ritenuto dal Tribunale, la clausola in questione non individuava tanto una “causa di incompatibilità” all’assunzione della carica di amministratore, ma una “causa di ineleggibilità”. Pertanto, il Tribunale rigettava l’impugnazione della delibera promossa dagli amministratori, ritenendo questi ultimi decaduti dalla carica sin dalla loro nomina, nonostante le intervenute dimissioni dalla società controllata, poiché, per effetto della clausola statutaria introdotta dalla società, la decadenza dalla carica era stata immediata e irreversibile.