L’unico caso in cui l’ordinamento riconosce il diritto del socio di far stimare il valore reale della propria quota, in caso di disaccordo su di esso, è quello in cui il socio sia receduto a giusto titolo dalla società, maturando così il diritto alla liquidazione della quota.
Tribunale di Napoli, Sez. Impresa, sentenza del 24 gennaio 2024
In una sentenza del 24 gennaio 2024, il principio è stato richiamato dal Tribunale di Napoli, a cui veniva chiesto dalla parte attrice di accertare e dichiarare il suo diritto alla stima del giusto valore delle proprie quote sociali; in particolare, i soci attori, da tempo intenzionati a cedere le proprie quote, ritenevano che il valore assegnato alle stesse non riflettesse il reale valore della società e che ciò fosse dovuto alla sotto-stima di alcuni cespiti immobiliari rientranti nel patrimonio sociale. Ciò, secondo gli attori, precludeva loro di ricevere offerte di acquisto pari alle loro aspettative.
Il Tribunale ha ritenuto infondata la domanda attorea volta ad accertare giudizialmente il valore delle quote detenute nella società, poiché “il diritto azionato dagli istanti appare privo di interesse giuridico alla tutela”, posto che “l’unico caso in cui l’ordinamento riconosce il diritto del socio a vedere stimato il valore reale della propria quota in caso di disaccordo su di esso è l’ipotesi di cui all’art. 2473 c.c., di recesso del socio”.
Solamente nell’ipotesi di recesso del socio di s.r.l., avvenuto a giusto titolo, con conseguente maturazione del suo diritto alla liquidazione della quota, in caso di disaccordo sul valore della quota, l’ordinamento ammette la possibilità di ricorrere al Tribunale, attivando un procedimento di volontaria giurisdizione che, attraverso la nomina di un esperto, conduce all’accertamento in contraddittorio del valore della quota.
Nel caso in esame, invece, una parte manifestava la volontà di vendere la propria quota, ma ad un prezzo diverso da quello ritenuto congruo dai terzi offerenti, rientrando, dunque, in una fattispecie interamente dominata dall’autonomia contrattuale e, come tale, esulante dall’ipotesi suindicata.
Secondo il Tribunale, infatti, non sussisteva “alcun obbligo inadempiuto a vendere, ovvero l’obbligo ad acquistare” difettando, quindi, i presupposti per ricorrere tanto alla “giurisdizione contenziosa”in mancanza di un inadempimento, quanto alla “volontaria giurisdizione di cui all’art. 2473 c.c.”, in assenza di un diritto di recesso.
In un simile contesto, il Tribunale ha ritenuto che il diritto azionato dagli istanti fosse privo di interesse giuridico alla tutela, non trattandosi appunto dell’ipotesi di cui all’art. 2473 c.c. di recesso del socio, aggiungendo che parte attrice, qualora avesse voluto contestare i criteri di valorizzazione dei cespiti immobiliari nel patrimonio sociale, “avrebbe dovuto [se del caso] nel tempo impugnare i bilanci”.