Il patto di riacquisto di una partecipazione precedentemente compravenduta non può desumersi, in mancanza di accordo scritto tra le parti, per fatti concludenti o per elementi presuntivi – rappresentati ad es. da difficoltà finanziarie del cedente – nel caso in cui essi siano del tutto generici, equivoci ed inconcludenti e risultino in ogni caso assolutamente indeterminati i termini e le condizioni di riacquisto, ivi compreso il prezzo.
Nello specifico, una S.r.l., partecipata da una società Cooperativa a r.l., acquistava un immobile da ristrutturare ed affidava i lavori alla Cooperativa stessa sua socia che, poco tempo dopo, decideva di cedere ad un terzo soggetto parte della partecipazione detenuta nella S.r.l..
Successivamente, il cessionario diffidava la Cooperativa cedente a provvedere al riacquisto delle quote, impegno che quest’ultima avrebbe assunto non appena si fosse raggiunto un andamento regolare del cantiere. Secondo la tesi attorea, infatti, il cessionario si sarebbe determinato all’acquisto di tale partecipazione nella S.r.l. al solo scopo di concedere un finanziamento infruttifero alla Cooperativa, da realizzarsi mediante acquisto della partecipazione e riacquisto della stessa al medesimo prezzo.
Tale operazione, quindi, avrebbe avuto la finalità di permettere alla Cooperativa di avere la liquidità necessaria per il prosieguo delle lavorazioni di cantiere, in un momento in cui l’istituto finanziatore mostrava una certa riluttanza nel finanziare le stesse.
Il cessionario dal canto suo, nel dare riscontro a tale missiva aveva, tra le altre cose, manifestato il suo interesse al riacquisto della partecipazione nelle s.r.l., demandando tuttavia la trattativa sui tempi e sulle condizioni di riacquisto ad un momento successivo, facendo presente che non era stato assunto alcun impegno al riacquisto della partecipazione.
Sorgeva dunque un contenzioso nel corso del quale il cessionario affermava che l’impegno al riacquisto delle quote da parte della Cooperativa sarebbe desumibile per fatti concludenti o, in ogni caso, per presunzioni rappresentate: (i) dalle difficoltà finanziarie della Cooperativa stessa e dal fatto che, trattandosi di un’operazione avente la funzione di finanziamento infruttifero il cessionario non avrebbe mai accettato di acquistare la partecipazione senza avere l’impegno di riacquisto da parte della Cooperativa; (ii) dal valore della partecipazione di gran lunga inferiore al prezzo di acquisto corrisposto.
Il Tribunale di Milano chiarisce, tra le altre cose, che “non sarebbe in alcun modo consentito desumere da una (presunta) difficoltà finanziaria della Cooperativa il fatto che questa non solo avrebbe ceduto la Partecipazione a Customs, ma si sarebbe impegnata anche al suo riacquisto.Infatti parte attrice nemmeno riesce da allegare quali sarebbero i termini e le condizioni del riacquisto asseritamente pattuito” avendo peraltro assunto del tutto arbitrariamente che il prezzo di riacquisto sarebbe stato uguale a quello di cessione.
“E’ ancora il caso di aggiungere che, se il riacquisto da parte della Cooperativa costituiva, per Customs, una condizione essenziale dell’acquisto, allora non si vede come – considerata la natura delle parti ed i loro rapporti – il patto di riacquisto non sia stato inserito nel Contratto od in altra scrittura collegata. Infine, quanto alle connotazioni del Contratto, rimane del tutto controverso, anche in considerazione delle deduzioni svolte in proposito da parte convenuta, quale fosse il valore delle quote al momento della sua stipulazione”.
Trib. Milano, 31 agosto 2020, n. 5147Caterina Morabito – c.morabito@lascalaw.com
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