01.10.2021 Icon

The butterfly effect: il (possibile) default di Evergrande e gli impatti sugli Npl

Too big to fail” (?) era la considerazione (o, per meglio dire, domanda) che, nel lontano 2008 era sorta spontanea all’esito della grande crisi finanziaria/economica che aveva, inizialmente, coinvolto le banche d’affari Americane e che si era propagata poi al resto del mondo con le conseguenze che tutti conosciamo.

In questi giorni, pare che la situazione di crisi   vissuta nel 2008 si stia riproponendo seppur su un mercato – quello cinese – che, almeno apparentemente, è stato sino ad oggi immune a certe vicende.

Del resto, gli esperti si stanno affrettando a ribadire che i punti di contatto con il default di Lehman Brothers sia sostanzialmente differente (e, fortunatamente, non riproponibile) rispetto alla vicenda che in Cina sta, in questi giorni, riguardando il colosso “Evergrande”.

Quello che sembra certo è che alcuni indicatori non paiono lasciare completamente tranquilli rispetto ad una crisi che potrebbe, seppur con magnitudo inferiore, coinvolgere l’intero sistema economico/finanziario a livello globale.

Invero, secondo dati elaborati da Neuberg Bergman, gli Usa risultano essere il primo Paese al mondo per esposizione debitoria con 42.400 miliardi di dollari su 21.400 miliardi di prodotto interno lordo, mentre la Cina a fronte di 14.300 miliardi di dollari di PIL ha 15.000 miliardi di debito e, in gran parte, sono di emissioni governative. In questa situazione di enorme esposizione debitoria, il settore immobiliare cinese che rappresenta circa il 30% del PIL e la sua attuale crisi (iniziata già da diversi anni con le vendite nazionali di immobili in calo del 19,7% su base annua) ha portato le banche a vedere accrescere il livello di prestiti inesigibili (ad esempio a giugno 2021 c’erano quasi il 4,3% dei prestiti immobiliari in sofferenza rispetto al 2,3% di sei mesi prima).

Simbolo della crisi del settore immobiliare cinese è la situazione problematica del colosso Evergrande, oggi vicino al default.

L’Evergrande Group è, infatti, per vendite la seconda azienda di sviluppo immobiliare in Cina e l’Hengda Real estate group, la maggiore controllata del gruppo immobiliare Evergrande, è gravata da circa 305 miliardi di dollari di debiti e ha chiesto in questi giorni di sospendere la negoziazione dei bond dopo il taglio del rating da parte dell’agenzia cinese Cina Chengxin International.

Inoltre, è recente l’avviso da parte del Governo cinese alle banche di prepararsi al possibile default di China Evergrande Group e della possibilità che quest’ultima non sarà in grado di onorare gli interessi sui debiti.

Come si diceva in esordio, pertanto, la crisi del settore immobiliare cinese è da tempo troppo estesa e gli analisti temono che l’imminente crollo di Evergrande possa innescare una crisi globale simile al collasso del mercato immobiliare USA del 2008 che generò una fortissima recessione mondiale.

La Cina, tra l’altro, a differenza degli Usa, ha un debito pubblico troppo elevato per una economia considerata emergente e cercare di riequilibrare un settore così nevralgico senza causare ingenti danni all’economia generale sarà inevitabilmente arduo, nonostante le iniezioni di liquidità che Pechino si sarebbe decisa a portare avanti.

Del resto nella ricerca di soluzioni, da anni Pechino è intenzionata a portare avanti operazioni imponenti di pulizia, anche con l’ausilio degli investitori stranieri.

Da tempo, infatti, i colossi del credito cinese come come ICBC, Bank of China e China Construction Bank stanno spingendo su operazioni di ristrutturazione per gestire i prestiti non performanti e già dal 2018 anche gli investitori stranieri conducono acquisti di debiti distressed da parte dei fondi esteri. Le operazioni sarebbero state condotte principalmente dai fondi americani controllati da società come Bain Capital, Lone Star Funds e Goldman Sachs.

Come reazione sul mercato sono aumentate energicamente anche le ABS, (i.e.: strumenti finanziari che rappresentano un’obbligazione, emessa a seguito di un processo di cartolarizzazione).

Nello specifico le ABS (asset-backed securities) sono titoli strutturati che hanno come sottostante un mix di credito a rischio variabile, strumenti finanziari sotto i riflettori specialmente a seguito del crollo del mercato immobiliare statunitense nel 2008, trascinando sul fondo le scommesse a debito sulle ABS stesse.

Tra l’altro le securities strutturate sono spesso difficili da prezzare in modo corretto generando così nuovi rischi, specialmente in un mercato, come quello cinese, con poche regole nel settore e scarsa esperienza (le prime ABS sono comparse circa quattro anni fa), ma sono sempre presenti gli investitori disposti ad accollarsi il rischio.

Invero nell’ultimo anno il mercato delle ABS cinesi è cresciuto del 14,4% e nello stesso periodo gli investimenti stranieri in questo comparto sono aumentati del 118%.

Sono numeri che rappresentano, seppure ad un’analisi di alto livello, lo status quo dell’economia cinese e dei correlati e conseguenti rischi speculativi sulla medesima economia.

Non è, in ogni caso, escluso che il crescente interesse degli investitori esteri e nuove cartolarizzazioni possano contribuire a ripulire il mercato dagli asset più problematici, diluendo magari il rischio complessivo del credito, creando liquidità.

Al contempo, il Governo cinese ha chiesto alle banche – anche per sostenere la ripresa economica post Covid 19 – di aumentare i nuovi prestiti e di estendere quelli esistenti a costi ridotti, con una maggiore cura dei c.d. “prestiti con menzione speciale” (i.e.: Special Mention Loans) ovvero una speciale categoria nella classificazione dei prestiti in Cina che include i prestiti che non sono ancora in sofferenza ma che potrebbero diventare problematici in futuro.

In tal senso facilitare la dismissione dei crediti in sofferenza e misure anche temporanee di tolleranza implicherebbe in ogni caso che i crediti comincerebbero a deteriorarsi solo a partire dal prossimo anno, aumentando inevitabilmente gli Npls.

Le autorità governative, prevedendo l’aumento nel 2022 di Npls, hanno chiesto alle banche di prepararsi con ulteriori accantonamenti.

ll problema degli NPLs, quindi, non sembra essere circoscritto alle sole banche italiane ed europee ma, come facilmente prevedibile dagli esperti del settore, costituiscono un problema ciclico di natura globale.

Occorrerà solo attendere gli sviluppi per comprendere se, gli impatti dell’attuale crisi cinese determineranno una crisi a livello globale o se, al contrario e come attualmente pronosticato dagli analisti, la portata sarà limitata al “solo” mercato cinese.

Tra l’altro, la massa di crediti non performanti potrebbe essere di gran lunga superiori a quanto indicato dai dati del governo ed esperti.

Tiziano Berti – t.berti@lascalaw.com

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