Nel 2022 la qualità del credito delle imprese ha cominciato a deteriorarsi e si stima che il fenomeno si accentuerà nel corso del 2023.
Secondo il recente Outlook Abi-Cerved 2022-24, lo scorso anno il tasso di deterioramento del credito alle aziende italiane è aumentato toccando una percentuale del 2,3% (contro il 2% del 2021) ed è destinato a salire per arrivare ad una soglia del 3,8% nel corso di quest’anno, per poi scendere nel 2024 al 3,4%.
Il report, diffuso alla fine del mese di gennaio, esprime con dettagli dimensionali per settore e per area geografica una stima della percentuale di crediti che, in bonis ad inizio anno, diventano non performing, includendo nelle sofferenze anche i crediti classificati dagli istituti come scaduti o come probabili inadempienze.
Secondo l’analisi, il fenomeno riguarda ogni settore e classe dimensionale di impresa: solo le costruzioni fanno registrare tassi di deterioramento minori rispetto al 2019, mentre le microimprese registrano (già a partire dal 2022) il livello più alto di crediti in default. Per quanto riguarda l’andamento territoriale, il rialzo del tasso di deterioramento è stato registrato in ogni area del Paese, ma con il valore più alto al Sud e nelle Isole.
Tra le principali cause del peggioramento della qualità del credito ci sarebbe l’indebolimento della domanda a cui si associa l’aumento dei prezzi delle materie prime e del caro energia. Inoltre, il rialzo dei tassi di interesse della BCE ha contribuito ad aumentare il costo del debito per le imprese, che a causa della generale incertezza dell’attuale contesto socioeconomico, non riescono a pianificare correttamente le azioni e non fruiscono più delle misure di sostegno emergenziali adottate durante la pandemia.
D’altra parte, la percentuale resta distante dal picco critico del 7,5% toccato durante la crisi del debito del 2012 e, ad oggi, il mercato appare in grado di gestire gli ingenti volumi di NPL attesi nei prossimi mesi. Questo perché negli ultimi anni le banche e gli operatori specializzati hanno elaborato nuove politiche di gestione in grado di far fronte a questa emergenza, in particolare hanno ridotto gli NPL irrobustendo il patrimonio e, oggi, anche gli azionisti iniziano a raccogliere qualche frutto dagli investimenti.
Queste stime, in ogni caso, sono il segnale che rimane l’urgenza di una ristrutturazione dei crediti e di interventi a tutela della sostenibilità del debito delle imprese, al di là della loro attuale capacità di rimborso.