“In tema di leasing immobiliare, la mancata indicazione, nel contratto, del “tasso leasing” non determina la violazione dell’art. 117, comma 4, T.U.B. ove lo stesso sia determinabile per relationem, con rinvio a criteri prestabiliti ed elementi estrinseci, obiettivamente individuabili, senza alcun margine di incertezza né di discrezionalità in capo alla società di leasing, dovendosi individuare la ratio della norma nell’esigenza di salvaguardia del cliente sul piano della trasparenza, declinata in senso economico, essendo trasparente il contratto che lascia intuire o prevedere il livello di rischio o di spesa del contratto di durata”
Questo è quanto recentemente statuito dalla Cassazione, che con ordinanza n. 28824/23 ha confermato la sentenza d’appello secondo cui gli elementi desumibili dal contratto di leasing, nel quale erano espresse in modo definito le modalità di rimborso del finanziamento, con la precisazione dell’ammontare dei canoni, del loro numero e della loro scadenza, nonché del prezzo di riscatto, sono idonei a consentire una oggettiva determinabilità dei tassi applicabili.
E ciò, chiarisce meglio la Suprema Corte, per il seguente ordine di ragioni: “La giurisprudenza di questa Corte ha avuto occasione di occuparsi della determinabilità del tasso di interesse in varie occasioni, stabilendo, nella pronuncia n. 8028 del 30/03/2018, che in tema di contratto di mutuo, affinché una clausola di determinazione degli interessi corrispettivi sulle rate di ammortamento scadute sia validamente stipulata, ai sensi dell’art. 1346 c.c., è sufficiente che la stessa – nel regime anteriore all’entrata in vigore della L. 17 febbraio 1992, n. 154 – contenga un richiamo a criteri prestabiliti ed elementi estrinseci, purchè obiettivamente individuabili, funzionali alla concreta determinazione del saggio di interesse. A tal fine occorre che quest’ultimo sia desumibile dal contratto con l’ordinaria diligenza, senza alcun margine di incertezza o di discrezionalità in capo all’istituto mutuante, non rilevando la difficoltà del calcolo necessario per pervenire al risultato finale, nè la perizia richiesta per la sua esecuzione. Per Cass. 26/06/2019 n. 17110, nella vigenza del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 117, comma 4, il tasso di interesse può essere determinato per relationem, con esclusione del rinvio agli usi, ma in tal caso il contratto deve richiamare criteri prestabiliti ed elementi estrinseci che, oltre ad essere oggettivamente individuabili e funzionali alla concreta determinazione del tasso, non devono essere determinati unilateralmente dalla società di leasing. La Corte chiarisce che tale possibilità si desume in via indiretta dall’art. 117 TUB – perchè non avrebbe senso vietare il rinvio agli usi se non fosse possibile ammettere la determinazione per relationem alle altre condizioni del contratto attraverso fonti esterne, purchè non dipendenti dalla unilaterale volontà della banca – oltre che dalla ratio della norma individuata nell’esigenza di salvaguardia del cliente sul piano della trasparenza e della eliminazione delle cosiddette asimmetrie informative: infatti, la prescrizione che fa obbligo di indicare nel contratto “il tasso d’interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati intende porre il cliente nelle condizioni di conoscere e apprezzare con chiarezza i termini economici dei costi, dei servizi e delle remunerazioni che il contratto programma: ed è evidente, allora, che tale finalità possa essere perseguita, con riguardo alla determinazione dell’interesse, non solo attraverso l’indicazione numerica del tasso, ma anche col rinvio a elementi esterni obiettivamente individuabili, la cui materiale identificazione sia cioè suscettibile di attuarsi in modo inequivoco (cfr. anche Cass. 19/05/2010, n. 12276). La determinabilità per relationem del tasso di leasing escluderebbe dunque l’irrogazione della sanzione sostitutiva applicata nel caso di specie, riservata alle ipotesi nelle quali nel contratto manchi la relativa pattuizione (Cass. 26/06/2019 n. 17110; Cass. 26/06/2019, n. 16907): ipotesi cui deve essere equiparata quella in cui il tasso sia indicato nel contratto, ma esso porti ad un ammontare del costo dell’operazione variabile in funzione dei patti che regolano le modalità di pagamento, sì da ritenere che il prezzo dell’operazione risulti sostanzialmente inespresso e indeterminato, oltre che non corrispondente a quello su cui si è formata la volontà dell’utilizzatore (cfr. Cass. 21/03/2011, n. 6364)” (Sez. 3, Sentenza 13 maggio 2021 n. 12889, cit.)”.
Delineato in questi termini il perimetro, possiamo allora agevolmente concludere che la nullità non costituisca un rimedio tutte le volte in cui, pur in mancanza di una specifica indicazione in contratto del c.d. “tasso leasing”, questo risulti comunque determinabile in base ad elementi estrinseci, obiettivamente individuabili, senza alcun margine di incertezza né di discrezionalità in capo alla società di leasing.
Cass., Sez. III, Ordinanza del 17/10/2023, n. 28824